sabato 5 giugno 2010

Anni[a]vversari - Day VD

Lunedì si è festeggiato qua a Londra quello che gli inglesi chiamano Bank Holiday, Festa della Banca, una normale festività diremmo noi. In realtà nessuno è riuscito a spiegarmi di quale ricorrenza si trattasse, anche se poi Claudia ha scoperto attraverso la sua amica ex emigrata a Liverpool che trattavasi del famoso “Ponte di primavera”. Io comunque al solito non ne ho approfittato per recuperare ore di sonno. Anzi sono riuscito anche a battere i precedenti record di risveglio, emergendo che non erano neanche le 7 da un sogno faticoso e drammatico. Non ricordo mai molto di quello che mi capita durante le mie peregrinazioni oniriche. Mi resta addosso la sensazione dell'esperienza e poche lucide immagini. C'era un ambiente vuoto di mattoni scuri e grezzi, come quelli con cui costruiscono la maggior parte dei block qui a Londra, poco illuminato e colmo di silenzio. Io ero al centro della stanza davanti ad una porta aperta. Dentro si vedeva l'estremità di un tavolo rettangolare in legno pesante; un oggetto d'altri tempi enorme, severo. Dietro in piedi, Loredana aveva sistemato delle carte sul piano come a completare un solitario. Soltanto che le immagini non riproducevano i numeri dei quattro semi, ma erano volti di persone che per di più non conoscevo, riprodotte che lo stile di Julian Opie, l'artista che ha realizzato la copertina del Greatest Hits dei Blur. Lei le sollevava con molta lentezza una ad una, mostrandomele e per ogni ogni carta iniziava la spiegazione di uno dei motivi che l'avevano spinta a chiudere la nostra relazione. Nessuna di quelle ragioni ha superato la brutale cancellazione della memoria notturna che caratterizza i miei risvegli. Ma l'angoscia affiorata con la prima coscienza è subito diventata insopportabile tanto da spingermi fuori dal letto ad un orario inutile. Non è la prima volta che torno durante il sonno ad analizzare la storia degli ultimi 4 anni, e credo che non sarà l'ultima. Però non mi ero mai ritrovato ad annaspare in tanta impotenza e disperato senso di sconfitta che hanno salutato il buongiorno di un'altra ricorrenza, stavolta privata, che avevo atteso logorandomi per tutta la settimana e che probabilmente era stata la causa di quella resa dei conti notturna.
Il 31 maggio dell'anno scorso Loredana decideva di festeggiare il suo compleanno e la vigilia della partenza per l'Australia sotto casa mia, al Pigneto, coinvolgendo a mia insaputa tutti i miei amici e lasciando al caso la possibilità di incontrarla o meno, dopo quattro anni di quasi convivenza, l'ultimo giorno utile prima di un viaggio dal quale non è ancora tornata. La leggerezza di quel comportamento non sono mai riuscito ad accettarla e torna spesso a occupare i vuoti del tempo. Gli scontri frontali tra me ed alcune, allora ancora mie, amiche, causarono inoltre frattura insanabile tra me ed un mondo che fino a quel momento racchiudeva la maggior parte dei motivi per i quali mi consideravo una persona fortunata. Quello è stato davvero l'inizio di tutto il disastro che mi ha portato ostinatamente a riempire per due volte le valige con in mano un biglietto di sola andata per Londra. Tanto più che in quello stesso giorno di 5 anni fa entravo per la prima volta a casa di Lory con un mazzo di fiori ed il sorriso di chi è particolarmente contento di essere stato invitato al suo compleanno. Una giornata che difficilmente poteva passare tranquilla anche volendo contestare ai sudditi di sua maestà l'opportunità di festeggiare l'arrivo primavera a 3 settimane dall'estate! Resta come ogni volta la solita insopportabile sensazione di restare ogni volta l'unico erede di tutte le mie storie e spettatore frustrato delle rinascite altrui. Questo mi impedisce di godere a pieno di quello che sto lentamente costruendo qua. Il lavoro ad un mese dall'inizio comincia ad essere meno stressante. Aumenta la fatica e il bisogno di concentrazione perché sono sempre meno aiutato e controllato nelle varie operazioni, però c'è meno ansia di combinare disastri. la città esplode di sole e gente. I pub intorno al London Bridge e alla Tate Modern il pomeriggio dopo le 5, orario di chiusura degli uffici, si riempono di cravatte e gonne al ginocchio. Il fine settimana è un carnevale continuo di ragazzi che fanno la spola tra i locali fino all'alba. C'è un senso di libertà e possibilità amplificato. Le distanze tra le persone sono brevissime e le sovrastrutture, sessuali, economiche e sociali del nostro paese sono completamente sconosciute. Ho una voglia tremenda di sentirmi almeno in parte londinese ed invece attraverso il Borough Market ed i suo banchi dove i migliori chef della città si riforniscono di conserve e verdura con lo spirito malinconico del turista per caso. Mi sembra che tutto debba finire senza preavviso. Che è una questione di tempo. Che quelle signore gentili dai grembiuli colorati non appartengono a me ed al mondo che posso vantare. Perché non è possibile che io impari finalmente l'inglese e mi inserisca in questa società. Sono qui a tempo determinato e meglio parlarne sempre in terza persona perché tutto sta per concludersi. Questo probabilmente succede perché la lingua non migliora, non parlo quasi mai inglese, non conosco gente nei locali e non vado al cinema. Mi sento ancora casuale ed indeterminato nonostante ora io abbia ho un conto in una banca inglese, un numero di previdenza sociale, un contratto di lavoro e perfino le fidelity card dei supermercati. Sono due settimane che attraverso ogni giorno il Tower Bridge in bicicletta, evi garantisco che è ogni volta emozionante scoprire quanto è grande il Tamigi, ma la sensazione di essere in subaffitto non passa. Dalla prossima settimana mi trasferisco in una stanza ad Old Street, Zona 1 molto centrale. Vicino a Bricklane e al quartiere di Shoreditch. Sono posti che per vocazione ricordano quello di Roma dal quale provengo ed in cui spero di ricostruirmi una forma di familiare intimità.


In casa con me troverò due inglesi, un ragazzo ed una ragazza, e forse una ragazza italiana. In una stanza finalmente da solo, spero di trovare maggiore sicurezza e tranquillità. Di potermi dedicare con attenzione alla lingua e di riuscire a stringere un vero legame con i flatmates. Mi auguro di cominciare a sentire mie almeno quelle quattro pareti ed un po' del tempo che sto vivendo qui. Ho voglia di pensare a me durante la giornata e lasciare i bilanci alla chiusura delle stagioni. Di girare i Charity Shop di Chelea, che mi hanno detto essere i più riforniti anche se i più cari, perché le persone smettano di guardarmi e pensare che io sia italiano o egiziano o spagnolo. E poi devo andare a Brighton dove hanno girato Quadrophenia a schifarmi pure io dell'acqua marrone che bagna quella spiaggia. Ho bisogno di Londra fino a stancarmi, ad arrivare esausto la sera, buttarmi sul letto e magari a quel punto riuscire a dormire un po'.

a.

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