giovedì 23 dicembre 2010

Critica alla massa - Day CCXLVI

sono anni ormai che a fine maggio si ripete la stessa scena nella capitale. al posto degli studenti ci sono cittadini di tutti le classi, categorie e definizioni. e non invadono soltanto la tangenziale; ma anche il lungotevere, le circonvallazioni, i viali dell'eur. sono in migliaia ed il serpentone sfila per la città bloccando il traffico; seguito e preceduto da volanti di poliziotti da tempo bonariamente rassegnati a far loro da scorta per evitare incidenti. sono soprattutto biciclette. molte tirate fuori dalle cantine e rimesse a nuovo con la fantasia che ricerca l'originalità. grazielle, bianchi, safari. altri sono invece pezzi unici. mezzi con 3, 4 ruote. con rimorchi e portapacchi. ma ci puoi trovare anche skate, rollerblade, monopattini. alcuni seguono a piedi spingendo carrozzine o con i bambini sulle spalle tanto è lungo e lento lo srotolarsi del serpentone. si fanno chiamare "massa critica". un'aggregazione spontanea ed improvvisa non perseguibile proprio perché non organizzata. senza capi né itinerari prestabiliti. il livello di "densità" oltre il quale la città, come la intendiamo quotidianamente, quella delle auto e delle rincorse, entra in crisi; stalla. anche qui ci sono automobilisti impazziti e tassisti in cerca della rissa. ed anche qui solidarietà e sorrisi.
perché la "massa critica" rivendica un diritto di tutto, quello di mondo più lento, più silenzioso. in cui l'aria che si respira muovendosi profuma di vento e il rumore è quello dei campanelli delle bici.
dimostrano che si può attraversare una capitale pedalando con calma, se proprio non si ha un treno da prendere al volo. e che le auto in certe situazioni diventano scatole claustrofobiche. non si urlano slogan contro nessuno e le sole bandiere che sventolano sono quelle della pace. mentre invadono gli spazi proibiti del traffico distribuiscono volantini ai passanti ed agli automobilisti. regalano fiori e caramelle. parlano con tutti cercando di spiegare che probabilmente "non c'è fretta". non sono dei terroristi. le ambulanze hanno la precedenza, così come le auto che devono passare per una qualsiasi ragione di urgenza.ogni tanto il cordone si apre per decomprimere il traffico ai lati e basta un solo passante ad un semaforo per bloccare migliaia di ruote in un istante. perché il pedone è l'anello più debole della catena alimentare metropolitana e va tutelato prima di tutto il resto. ogni tanto ci scappa qualche litigata ma di solito non si va mai oltre un "garbato" scambio di opinioni. la sera infine si ritrovano tutti in qualche parco a bere e mangiare mentre le bici aspettano insieme all'entrata. il giorno dopo vanno tutti al mare con gli stessi mezzi. e lungo la colombo lo spettacolo si ripete. ed è veramente uno spettacolo! questo succede tutti gli da ormai non so più quanto tempo. e non soltanto a roma, ma anche parigi, londra, berlino.

contemporaneamente in tutto il mondo. ma per qualche strana gerarchia dell'informazione non se ne parla mai. o poco. e non ci sono migliaia di post su facebook che re inoltrano, commentandole come straordinarie, scene che per la massa critica sono ormai consuete. sopraelevata pedonalizzata e gente che applaude. forse è un problema di contendenti: è più facile individuare un avversario quando si affrontano studenti vs governo che in un non meglio precisato confronto cittadini vs insostenibilità. o forse è il campanilismo nostrano che si indigna se gli toccano il bel paese ed il futuro degli italiani mentre fa spallucce se l'insieme si allarga fino a contenere il pianeta e la deriva ambientale. io credo che sia invece un problema di informazione, che contro il traffico e l'inquinamento sembra ormai vaccinata mentre per il l'antiberlusconismo non ha ancora trovato la cura. ma c'è un organismo intero da preservare e tocca a noi tenere alta l'attenzione su tutto il sistema per evitare che cure accanite su di un solo problema lascino marcire tutto il resto.

a.

martedì 7 dicembre 2010

Bassa stagione - Day CCXXIX

e se l'amore fosse una malattia sociale?! un finto bisogno come la cura della cellulite o la calvizie. per secoli donne e uomini hanno assistito indolenti alle proprie trasformazioni fisiche senza considerarle una patologia. probabilmente neanche hanno mai pensato di dargli un nome. la stempiatura aveva lo stesso valore degli occhi azzurri o del naso a patata. a chi toccava se la teneva senza badarci. poi qualcuno ha cominciato a dire che quelle irregolarità sul corpo femminile erano "antiestetiche" e che con con i capelli se ne volava via anche il fascino maschile. così per non sentirci a disagio abbiamo iniziato a torturarci davanti allo specchio ed a spendere fortune in creme e terapie.

allo stesso modo credo nell'antichità non ci si ponesse il problema dell'"amore". certo c'erano coppie legate da un sentimento "superiore", ma chi non si sentiva colpito da questa "affinità elettiva" non ne soffriva. non viveva la sua condizione come una malattia da curare. poi è arrivato l'amor cortese, shakespeare e il canto V dell'inferno e abbiamo perso il controllo. "amare" è diventata una mania della modernità esaltata da chi vende peluches e cioccolatini a forma di cuore. iniziamo ad accusarla da piccoli quando per la prima volta il fratello di nostra madre si abbassa verso di noi e con la solita voce nasale che si riserva ai bambini ci chiede: "ce l'hai la fidanzata?". la dipendenza comincia in quel preciso istante e da quel momento si comincia a vivere in funzione dell'amore. all'inizio l'importante è averne uno. senza troppe pretese. per fare esperienza. per sentirsi "normali". poi come per i cellulari, ce ne stanchiamo facilmente e ne vogliamo presto uno nuovo. non basta più uno qualsiasi, cerchiamo linee morbide, design ed infinite possibilità. per non doverci vergognare più del nostro vecchio e grosso citofono. per poterlo esibire ebbri di competitivo orgoglio.
per non parlare poi di quelli che ne hanno più di uno. ma c'è sempre un nuovo modello in uscita ed è difficile resistere alla tentazione. e così passiamo da un amore ad un altro. finché non diventiamo talmente vecchi da non avere più nessuno da chiamare.

mia nonna non lo ha mai voluto il cellulare. eppure ha avuto sette figli ed un marito solo. per tutta la vita. chissà se gli ha mai detto "ti amo"?

a.

mercoledì 30 giugno 2010

via per un po'... - Day LXIX

tra un po' sparisco, un po' di tempo prima di chiudere solo per dare modo a tutti di leggere queste due righe. abbiate pazienza ma ho bisogno di starmene da solo. chiuderò l'accesso a facebook ed al blog e non risponderò ad email e messaggi. neanche ai commenti su questo post che vi prego quindi di evitare perché non voglio attirare attenzione ma solo scomparire per un po' senza che qualcuno pensi che l'abbia cancellato. non cercò attenzioni fingendo fughe con lo sguardo verso che mi insegue. devo perdermi ancora. devo staccare, chiudere, isolarmi altrimenti non vado avanti. pensavo di aver cominciato un qualche percorso ed invece mi ritrovo sempre a guardarmi la punta dei piedi. internet mi sta fiaccando.
come mi ha detto david non posso vivere contemporaneamente qua e in italia ed allora ho deciso di togliere il piede che ancora tenevo nell'altra vita per cercare un equilibrio che ancora non trovo.
davvero provate a capire. è tutto un casino magari semplificando un po' risolvo qualcosa. o nulla. ma non so più cosa fare.
gli inviti restano validi...
a presto.

a.

sabato 19 giugno 2010

... ma forse anche questo è amare - Day DIX

Sette giorni fa arrivava Claudia da Livorno, prima visita ufficiale di un “caro” da quando sono tornato oltremanica. Come al solito il fine settimana passato insieme è stato divertente e movimentato, versione Brit Pop di tutti quelli trascorsi nella tana di via Guarducci da quando, a partire dall'estate scorsa, ho iniziato a rifugiarmici sistematicamente tutte le volte che avevo due giorni liberi. Come sempre il tempo è volato impercettibile, equamente condiviso tra la camera e il mondo esterno. Siamo stati a provare accessori e comperare vestiti usati nei Charity Shop di Camden Town e a mangiare dell'orribile Fish&Chips nel delizioso back courtyard di un pub dove tra l'altro già stato quattro anni fa con David ed Alfredo. Abbiamo trovato il tempo di perderci nel delirio di urla e alchool del sabato notte londinese e di far colazione con uova e pancetta [che non c'era!!!]; di vedere Buckingham Palace ed addormentarci sotto gli alberi di Hyde Park.
Così come è sempre stato dalla sua prima visita romana, ovunque abbiamo trovato il modo per provocarci maliziosamente, per sistemarci in pose da vacanzieri giapponesi in cui scattarci ridicole foto ricordo, per improvvisare scenette demenziali con le voci dei personaggi che ci fanno ridere. Non c'era nulla di forzato, di ostentato o cercato per forza; è stata davvero una lunghissima vacanza di due giorni. Come tutte le altre volte.
Domenica sera poi, mentre eravamo a mangiare hamburger in un'altra bolgia da fine settimana inglese a Bricklane, Claudia mi ha detto che non aveva più la la forza per vivere questa storia a metà, di essersi sfinita nel cercare un equilibrio tra il vuoto di Loredana e la mia imprevedibile irrequietezza; di non riuscire più ad ignorare l'orizzonte chiuso verso cui viaggiava incosciente da quasi un anno. Mentre parlava piangeva, e le lacrime le scendevano senza pudori, forse perché era stanca di fingersi forte e presente, di simulare tranquillità ed ottimismo così come aveva imparato a fare negli ultimi mesi insieme mentre continuavo a ripeterle che volevo Londra e che dovevo ricostruirmi. C'ero sempre Io in quei discorsi. Io davanti e lei che aspettava nel cono della mia ombra qualcosa che cambiasse improvvisamente la trama, l'imprevisto che sconvolge la sceneggiatura: magari un lavoro decente, una nuova consapevolezza o la crescita di quel sentimento complesso e personale che per brevità siamo soliti chiamare amore. Invece non è successo niente. Abbiamo continuato a bruciare giornate indimenticabili e condividere piccoli drammi. Lei cercava di intrecciare le nostre vite ed io che la costringevo alla periferia del mio mondo. Ha avuto pietà sincera per le mi storia personale fatta di relazioni tragicomiche. Mi ha riaccolto senza troppe domande quando a febbraio sono tornato in Italia con la coda tra le gambe, piazzandomi in casa sua e rimbalzando tra mia madre e la toscana senza preavviso. Ha sopportato il peggiore mese della mia vita, sentendosi colpevole del mio malessere senza che io mi impegnassi nel convincerla del contrario. Ha resistito più di ogni immaginabile martire mentre io abusavo di ogni indulto, grazia, amnistia e condono che mi potessero venir concessi. Quando ha visto che stavo realmente iniziando a vivere qua, imparando nuove abitudini e trovando una qualche forma di equilibrio ha mollato la presa.
Non c'erano più colpi di scena da aspettarsi e mentre lei piangeva io restavo in silenzio senza provare a contraddirla. A cercare un motivo buono per resistere. Era inevitabile e lo sapevamo entrambi già da un po'. Dalla prima partenza a Gennaio che aveva cominciato un lento percorso di distacco interrotto bruscamente dal mio rimpatrio. Poi quando le avevo chiesto se potevo appoggiarmi da lei non aveva avuto la forza di negarsi un ultimo tentativo e tutto era ricominciato da capo. Ma io volevo Londra prima di tutto. Avevo bisogno di un obiettivo che mi traguardasse al di là dell'ultimo terribile anno. Cercavo un posto aperto dove fosse possibile ancora immaginarsi qualsiasi possibilità; perché dentro sono blindato. Non ho più spazio per nessuno e non so se tornerà ad essercene. Credo di aver impegnato tutta la cubatura a disposizione con gli scatoloni messi via dalle storie passate e forse non voglio rischiare di ritrovarmi con un altri ricordi in mano senza sapere dove metterli. Soffro la paura dell'eterno secondo e la stanchezza dello sconfitto.
Eppure la nostra storia non è stata solo questo. Sarebbe ingiusto per entrambi e soprattutto ne farebbe una povera sciocca senza carattere. Spero e credo di averle dato molto. Del resto chi mi conosce davvero e ha l'intelligenza per considerare le conseguenze delle parole che pronuncia, non avrebbe mai la presunzione di negarmi la conoscenza profonda e sofferta dell'amore senza provare vergogna. Di insultarmi con l'accusa di egocentrismo senza la consapevolezza di violentare un aspetto del mio carattere. Per questo nonostante tutto mi conforto ancora nell'amicizia di persone straordinarie per esperienza di vita, sensibilità e passione. Alcune delle quali avrebbe anche dei comprensibili motivi per scapparsene, loro sì, dall'altra parte del pianeta. Ma queste sono altre storie.
Con Claudia ad ogni modo non sono stato da meno. Non mi sono risparmiato. “totale” come solo riesco ancora ad essere quando sento la voglia di concedermi ad un'altra persona. O almeno credo sia andata così. L'ho aiutata a rendere viva una casa che non riusciva a sentire sua sistemandole i mille problemi che gliela rendeva insopportabile. Le ho risvegliato il piacere di una Livorno che stava iniziando a trascurare. Ho cucinato per lei mentre era al lavoro, accogliendola la sera con tutto l'entusiasmo che posso mettere nel far felici le persone a cui voglio bene. Abbiamo vissuti giorni interi in casa, senza mettere il naso fuori della porta, nutrendoci delle nostre confidenze e sorprendendoci continuamente per la nostra identica imprevedibilità. Siamo cresciuti entrambi un po' nell'amore, nella voglia di ascoltare, nel modo di far felici gli altri. Lei mi ha insegnato il significato della parola “infingardo”; m ha costretto a pensare di più prima di arringare a testa bassa e mi ha convinto a non giudicare troppo le vite degli altri. Con lei ho iniziato a capire che devo dare c ho di cui gli altri hanno bisogno e non quello che penso sia giusto ed anche se non imparerò mai il livornese non la smetto più di esclamare ogni volta con “bòia!”.
L'ultima volta che l'ho vista eravamo a Liverpool Street. Forse non capiterà più per molto tempo o anche per sempre. Ho capito che “l'ultima volta” la decide sempre la vita e per quanto noi ci sforziamo di apparire determinati e decisi contiamo davvero poco. Ho pianto senza vergogna mentre in bici me ne scappavo al lavoro ed ho continuato a piangere dopo aver letto il suo ultimo messaggio prima da salire in aereo.
Per i due giorni successivi ci siamo scritti via internet, fingendo fosse normale fingere che sia normale. Ora non la sento da giovedì chissà come e quando succederà di nuovo. Non credo tra molto. Poi però un giorno sparirà a tempo indeterminato e l'eventualità di un contatto sarà affidata solo al beneficio che si concede sempre al destino.
Adesso mi fa soffrire pensare a tutta questa storia. Alla tenda scuola ed al muretto di Paganica. Al terzo piano di via Guarducci; ai pranzi in Barrocciaia con le dita sporche d'olio ed ai pomeriggi passati alla Gaia Scienza aspettando che lei uscisse dal lavoro; a Bobo Rondelli ed a Gigi Balla, alla schiacciata con l'arrosto ed al “5 e 5”, a “bimbe” ed alle “bimbe” che per quasi un anno mi hanno accolto tra loro senza giudicarmi per il mio strano rapporto con la loro amica, abbracciandomi ogni volta come un fratello e provando a trattenermi in una città che non ho mai capito fino in fondo. Mi spiace non rivedere più Alessandro.
Le lacrime riprendono senza fermarsi e non controllo il pianto. Non so più perché si debba stare tanto male o perché almeno debba starci io. Perché un altro mondo per me non sia proprio possibile. Perché continuo a perdere le persone, a distruggere rapporti, a collezionare fallimenti. Trovo appagamento solo nella sofferenza della rinuncia violenta e dolorosa. Nel singhiozzo liberatorio. Non so più riconoscere la felicità se non attraverso la sua assenza improvvisa e definitiva. Mi porto tutto dietro e dentro e non riesco più a sopportarne il peso.
Possibile che anche questo sia amare?

a.

sabato 5 giugno 2010

Anni[a]vversari - Day VD

Lunedì si è festeggiato qua a Londra quello che gli inglesi chiamano Bank Holiday, Festa della Banca, una normale festività diremmo noi. In realtà nessuno è riuscito a spiegarmi di quale ricorrenza si trattasse, anche se poi Claudia ha scoperto attraverso la sua amica ex emigrata a Liverpool che trattavasi del famoso “Ponte di primavera”. Io comunque al solito non ne ho approfittato per recuperare ore di sonno. Anzi sono riuscito anche a battere i precedenti record di risveglio, emergendo che non erano neanche le 7 da un sogno faticoso e drammatico. Non ricordo mai molto di quello che mi capita durante le mie peregrinazioni oniriche. Mi resta addosso la sensazione dell'esperienza e poche lucide immagini. C'era un ambiente vuoto di mattoni scuri e grezzi, come quelli con cui costruiscono la maggior parte dei block qui a Londra, poco illuminato e colmo di silenzio. Io ero al centro della stanza davanti ad una porta aperta. Dentro si vedeva l'estremità di un tavolo rettangolare in legno pesante; un oggetto d'altri tempi enorme, severo. Dietro in piedi, Loredana aveva sistemato delle carte sul piano come a completare un solitario. Soltanto che le immagini non riproducevano i numeri dei quattro semi, ma erano volti di persone che per di più non conoscevo, riprodotte che lo stile di Julian Opie, l'artista che ha realizzato la copertina del Greatest Hits dei Blur. Lei le sollevava con molta lentezza una ad una, mostrandomele e per ogni ogni carta iniziava la spiegazione di uno dei motivi che l'avevano spinta a chiudere la nostra relazione. Nessuna di quelle ragioni ha superato la brutale cancellazione della memoria notturna che caratterizza i miei risvegli. Ma l'angoscia affiorata con la prima coscienza è subito diventata insopportabile tanto da spingermi fuori dal letto ad un orario inutile. Non è la prima volta che torno durante il sonno ad analizzare la storia degli ultimi 4 anni, e credo che non sarà l'ultima. Però non mi ero mai ritrovato ad annaspare in tanta impotenza e disperato senso di sconfitta che hanno salutato il buongiorno di un'altra ricorrenza, stavolta privata, che avevo atteso logorandomi per tutta la settimana e che probabilmente era stata la causa di quella resa dei conti notturna.
Il 31 maggio dell'anno scorso Loredana decideva di festeggiare il suo compleanno e la vigilia della partenza per l'Australia sotto casa mia, al Pigneto, coinvolgendo a mia insaputa tutti i miei amici e lasciando al caso la possibilità di incontrarla o meno, dopo quattro anni di quasi convivenza, l'ultimo giorno utile prima di un viaggio dal quale non è ancora tornata. La leggerezza di quel comportamento non sono mai riuscito ad accettarla e torna spesso a occupare i vuoti del tempo. Gli scontri frontali tra me ed alcune, allora ancora mie, amiche, causarono inoltre frattura insanabile tra me ed un mondo che fino a quel momento racchiudeva la maggior parte dei motivi per i quali mi consideravo una persona fortunata. Quello è stato davvero l'inizio di tutto il disastro che mi ha portato ostinatamente a riempire per due volte le valige con in mano un biglietto di sola andata per Londra. Tanto più che in quello stesso giorno di 5 anni fa entravo per la prima volta a casa di Lory con un mazzo di fiori ed il sorriso di chi è particolarmente contento di essere stato invitato al suo compleanno. Una giornata che difficilmente poteva passare tranquilla anche volendo contestare ai sudditi di sua maestà l'opportunità di festeggiare l'arrivo primavera a 3 settimane dall'estate! Resta come ogni volta la solita insopportabile sensazione di restare ogni volta l'unico erede di tutte le mie storie e spettatore frustrato delle rinascite altrui. Questo mi impedisce di godere a pieno di quello che sto lentamente costruendo qua. Il lavoro ad un mese dall'inizio comincia ad essere meno stressante. Aumenta la fatica e il bisogno di concentrazione perché sono sempre meno aiutato e controllato nelle varie operazioni, però c'è meno ansia di combinare disastri. la città esplode di sole e gente. I pub intorno al London Bridge e alla Tate Modern il pomeriggio dopo le 5, orario di chiusura degli uffici, si riempono di cravatte e gonne al ginocchio. Il fine settimana è un carnevale continuo di ragazzi che fanno la spola tra i locali fino all'alba. C'è un senso di libertà e possibilità amplificato. Le distanze tra le persone sono brevissime e le sovrastrutture, sessuali, economiche e sociali del nostro paese sono completamente sconosciute. Ho una voglia tremenda di sentirmi almeno in parte londinese ed invece attraverso il Borough Market ed i suo banchi dove i migliori chef della città si riforniscono di conserve e verdura con lo spirito malinconico del turista per caso. Mi sembra che tutto debba finire senza preavviso. Che è una questione di tempo. Che quelle signore gentili dai grembiuli colorati non appartengono a me ed al mondo che posso vantare. Perché non è possibile che io impari finalmente l'inglese e mi inserisca in questa società. Sono qui a tempo determinato e meglio parlarne sempre in terza persona perché tutto sta per concludersi. Questo probabilmente succede perché la lingua non migliora, non parlo quasi mai inglese, non conosco gente nei locali e non vado al cinema. Mi sento ancora casuale ed indeterminato nonostante ora io abbia ho un conto in una banca inglese, un numero di previdenza sociale, un contratto di lavoro e perfino le fidelity card dei supermercati. Sono due settimane che attraverso ogni giorno il Tower Bridge in bicicletta, evi garantisco che è ogni volta emozionante scoprire quanto è grande il Tamigi, ma la sensazione di essere in subaffitto non passa. Dalla prossima settimana mi trasferisco in una stanza ad Old Street, Zona 1 molto centrale. Vicino a Bricklane e al quartiere di Shoreditch. Sono posti che per vocazione ricordano quello di Roma dal quale provengo ed in cui spero di ricostruirmi una forma di familiare intimità.


In casa con me troverò due inglesi, un ragazzo ed una ragazza, e forse una ragazza italiana. In una stanza finalmente da solo, spero di trovare maggiore sicurezza e tranquillità. Di potermi dedicare con attenzione alla lingua e di riuscire a stringere un vero legame con i flatmates. Mi auguro di cominciare a sentire mie almeno quelle quattro pareti ed un po' del tempo che sto vivendo qui. Ho voglia di pensare a me durante la giornata e lasciare i bilanci alla chiusura delle stagioni. Di girare i Charity Shop di Chelea, che mi hanno detto essere i più riforniti anche se i più cari, perché le persone smettano di guardarmi e pensare che io sia italiano o egiziano o spagnolo. E poi devo andare a Brighton dove hanno girato Quadrophenia a schifarmi pure io dell'acqua marrone che bagna quella spiaggia. Ho bisogno di Londra fino a stancarmi, ad arrivare esausto la sera, buttarmi sul letto e magari a quel punto riuscire a dormire un po'.

a.

domenica 23 maggio 2010

Back to the future - Day IVXXX


Il Prequel
Venerdì ho chiuso la quarta settimana del secondo ciclo londinese. Rispetto a Gennaio lo srotolarsi di questo mese è stato sostanzialmente diverso dal precedente. L'ironia, nel significato beffardo della sorpresa imprevedibile, si è impegnata a disegnare un percorso contorto e faticoso che gli ottimisti potrebbero interpretare come presagio di un finale straordinario ma che a me per il momento taglia solo il fiato.
A dicembre dell'anno scorso ero carico di certezze e dubbi, equamente distribuiti, in modo da garantirmi tutta l'irrequietezza che la comica inquietudine del mio personaggio richiede. Il lavoro non impegnava alcuna preoccupazione: “A Londra non lavorano soltanto i fannulloni!”, era il primo verso con cui attaccavo ogni volta la filastrocca sulla mia partenza. Dopo di che il malcapitato di turno doveva sopportare i discorsi intensi e maturi sulla paura per una socialità complicata, il timore della solitudine, l'ansia per una lingua masticata a stento. Di solito sono abbastanza bravo ad argomentare teorie se ho il tempo per elaborarmele con calma. Nel confronto serrato dell'improvvisazione inciampo, ma se mi si lascia lo spazio di ragionare spesso risulto convincente. Quindi c'era poco da obiettare: Esponevo le mie teorie con supporto di dati economici, della mia esperienza londinese e di una buona dose di immaginazione. Arrivato qua con la mia valigia pesata al grammo, ovviamente è successo l'esatto contrario. 

Nel giro di una settimana condividevo la doppia on un ragazzo così conciliante che non me lo sarei potuto immaginarmene migliore [ed infatti senza conoscerlo mi ero impegnato in tutti modi prima di conoscerlo per trovare un'alternativa...], avevo conosciuto una dozzina di persone e uscivo tutte le sere. Una meraviglia; potevo dedicare tutte le mie energie alla ricerca del lavoro. Perché quello comunque sarebbe arrivato. Non era mica un problema trovare qualcosa nella città che si sta preparando ad ospitare le olimpiadi del 2012, la City del continente, la capitale delle capitali. C'era una frase che usavo spesso e che anche ora se mi distraggo ritrovo in mezzo ai miei soliloqui, che suonava più o meno così: “Se c'è un soldo che gira in Europa nei prossimi 24 mesi, si ferma sicuramente qua!”. 
Un ragionamento incontestabile. Io poi a Londra ci sono stato un sacco di volte, ci ho anche lavorato, ho dieci anni come pizzaiolo, altri dieci come grafico. Sono lavori che hanno bisogno di mani e fantasia. Non vocabolario e fluency. Neanche a dirlo, per gli imperscrutabili meccanismi di cui sopra, dopo un mese avevo invaso la città con i miei curriculum, sostenuto una decina di colloqui ed anche provato in 4 pizzerie. I risultati sono noti a la maggior parte di chi legge. Il mio inglese era leggermente sotto il livello necessario per il front-office; le mie capacità da pizzaiolo peccavano nell'uso del mattarello e per il grafico avrei dovuto aspettare una maggiore padronanza della lingua creativa. La speranza si era diventata disperazione. I soldi stavano finendo e tutti continuavano a dirmi: “It's quite now... maybe in two mounhts...”. Avevo perso la serenità, vagavo stordito per le strade entrando di tanto in tanto nei ristoranti italiani con un cv in mano e la disperazione negli occhi. La supplica per accettare almeno i miei dati riceveva un po' ovunque la commovente solidarietà dei camerieri, che riconoscevano nella stanchezza dei miei vestiti umidi di nebbia le tribolazioni del loro arrivo oltremanica. Il massimo della speranza che potevano offrimi non andava oltre la promessa passarli al manager, ma non poteva bastarmi. 
Era deciso: Giovedì 18 Febbraio avrei affrontato la mia ultima intervista. Avevo inserito il curriculum sul sito di Pizza Hut ed ero stato richiamato. Se avessi fallito anche lì me ne sarei tornato in Italia per un paio di mesi in attesa che il letargo invernale finisse. Avrei studiato inglese e magari seguito un corso da pizzaiolo in modo da tornare in Aprile pronto e ricaricato. Prima di abbandonare però avevo un'ultima chance. Preparare la pizza in un fast food era alla mia portata ed in più il ristorante si trova a due fermate di Tube da dovevo vivevo [e vivo tutt'ora], Ero un candidato ideale. I londinesi preferiscono sempre chi abita vicino alla sede di lavoro. é una città enorme che può richiedere molto tempo per gli spostamenti. Per quel che mi riguarda potevo essere a casa in 5 minuti. Sarebbe stato un posto eccezionale: Dovevo dare il meglio e per una volta non delusi. 
Il manager rilesse davanti a me l'Application che avevo compilato online chiedendomi alcune spiegazioni e poi domandandomi esempi di comportamento in situazioni tipo. Non sbagliavo un colpo e lui era entusiasta. Non faceva che ripetere: “Very well! Very well!”. E non smise di complimentarsi con me neanche mentre mi salutava rimandandomi ad una telefonata nei giorni successivi. Tornando a casa ero nauseante di felicità. Allungai fino a Camden Town dove mi persi per le strade del mercato sorridendo a tutte le ragazze orientali che cercavano di sedurmi brandendo spiedini lucidi di pastella giallo ocra e limone. Mi regalai un libro in inglese da un Charity Shop e tornai al flat in attesa della telefonata. Il Venerdì, nonostante continuassi a fissarlo, il cellulare non rimase impressionato e se ne resto calmo e silenzioso. Il Sabato la scena si ripropose più o meno con lo stesso copione ma minore intensità visto che speravo che nel fine settimana trascurassero il recruitment. 
La domenica concessi al mio telefono il suo giorno libero e decisi di recarmi di persona al ristorante per capirci qualcosa in più. 
Il manager che mi aveva intervistato era off per cui mi consigliarono di ripassare l'indomani. Lunedì mattina mi piazzai davanti alla porta del locale ed appena una ragazza decise che era tempo di aprire infilai l'ingresso per affrontare il mio destino. Aspettai mezz'ora che finisse il briefing di inizio settimana. Sono minuti interminabili in cui immagini la tua vita del dopo teorizzando scenari che vanno dall'indigenza totale ad un viaggio per due in Nord America. Finita la riunione vidi il futuro venirmi incontro indossando la stessa camicia e lo stesso sorriso di quattro giorni prima. Aveva però sostituito il “Very well” con un discorso complicatissimo per me, di cui colsi solo qualche congiunzione ma tutte le pause. Nella mia testa bastavano per formare un concetto chiarissimo: in quel momento stavano esaminando diversi candidati e quindi c'era da aspettare un po'. Nel caso mi avrebbero richiamato nei prossimi giorni. Era troppo! tornai a casa e comperai un biglietto di sola andata per Pisa. L'ostello era pagato fino a giovedì, ma partendo il giorno prima risparmiavo 20 euro e il mangiare per un giorno. Tanto mi rimaneva la forza soltanto per salutare gli amici che rimanevano e dargli appuntamento certo per la primavera.
Mercoledì mattina azzeccai una serie di passaggi perfetti e con tre tocchi ero al check-in due ore prima. Spensi il cellulare deciso a riaccenderlo in patria e solo dopo aver sostituitola scheda; volevo chiudere per un po' il discorso England. Tirai fuori il carta d'imbarco e mi misi subito in fila. Odio le partenze infinite ed i saluti estenuanti. Ormai ero con la testa in Italia. Era la scelta migliore. Avevo impiegato una settimana a metabolizzare la decisione, ad accettare la sconfitta, il mezzo fallimento. Ne avevo parlato con tutti con le mie solide impugnabili argomentazioni e nessuno aveva avuto la forza do obiettare alcunché. Del resto Londra è piena di persona che vanno e vengono. 

Ci avevo provato sul serio, avevo la coscienza pulita. Potevo rimproverarmi soltanto la prima settimana vissuta un po' troppo rilassato. Ma era una lezione anche quella. Ad Aprile sarei atterrato con un pacco di CV e molta più determinazione. A casa senza troppe pressioni avrei studiato e imparato il lavoro del piazzaiolo. Come canovaccio poteva funzionare. Nel frattempo avevo superato il controllo bagagli e vagavo nella zona dei Duty Free senza trovare un orologio. Controvoglia mi rassegnai a riaccendere il telefono per tenere sotto controllo il l'ora. Neanche il tempo di accendersi ed un doppio beeb trillo per l'arrivo di altrettanti messaggi in segreteria. 
Non volevo ascoltarli. È un servizio a pagamento e di solito paghi il silenzio di chi si ritrova suo malgrado in una registrazione senza la voglia di dire niente. Però stavo ritornando nel mio paese e quel credito chissà se e quando lo avrei sfruttato. Potevo permettermi il lusso di quella curiosità. Il primo manco a dirlo era vuoto. Ennesimi soldi buttati di un soggiorno emorragico. Ero pronto a riattaccare subito dopo il secondo silenzio per non sprecare la poca batteria rimasta, quando riconobbi la voce del Manager di Pizza Hut che dopo essersi presentato mi invitava da lì due ore per una prova da pizzaiolo. Stavolta avevo capito tutto. Ne ero sicuro. Perché avevano aspettato il punto di non ritorno? Poco prima del decollo senza possibilità di cambiare il biglietto. Sarebbe bastata una telefonata 12 ore prima e avrei allungato di un giorno senza problemi. Dopo tre notti di autoterapia per convincermi che non stavo vivendo un altro fallimento. Con Claudia che mi aspettava a Pisa. L'ostello disdetto. Le valige cariche, i pounds finiti. Avevo bisogno di un consulto. Mi serviva Chiara. La telefonata con la mia lovemate come al solito rassicurò alcune me paranoie: non esiste un ordine mondiale che trama contro di me. Purtroppo verso la fine interpretai male una sua frase ottimista che parlava di segni e dopo averla salutata cominciai a sudare pensando ad un destino che voleva mettermi in guardia da un volo sciagurato. Era un presagio? Sarebbe caduto? Quante gocce di Lexotan occorrono per raggiungere l'incoscienza velocemente e comunque prima dello schianto di un aereo in picchiata? Avevo bisogno di un'altra telefonata, Claudia. Anche lei cercò di tranquillizzarmi lasciandomi libertà di scelta senza appesantire nessuna eventuale decisione. Mi accomiatai struggente. Ora mi sentivo in colpa anche con lei. In caso di incidente si sarebbe incolpata per non avermi fermato? Dovevo prendere una decisione. Sarei partito, ma se qualche altro segno avrebbe preceduto l'imbarco non sarei salito a bordo. Anche a costo di fermare l'aereo urlando come un pazzo. Ormai mancavano 20 minuti. C'era un telefono nella zona d'attesa e mi era rimasta qualche moneta. Volevo usarle per richiamare Claudia e dirle che il ritorno era un mia decisione; che avevo bisogno di tempo per riordinare le idee e rilassarmi un po'. Mi sembrava il modo migliore per scaricarla dalle responsabilità e sentirmi anche io più in pace. La solita dose del mio ansiolitico stava lavorando a dovere. Da lì a dieci minuti sarei stato in volo e di segni non ne avevo avuti. Avevo tutto il tempo per la telefonata. Presi la cornetta, infilai la prima moneta e il display si illuminò con un messaggio di errore “Out of work”. Il telefono era guasto. Non potevo avvertire nessuno. Non potevo alleggerirmi la coscienza. Non potevo volare tranquillo. Era il segnale che stavo aspettando. Sapevo cosa fare, me lo ero ripromesso. Corsi al bagno e presi altre 10 gocce di Lexotan.

a.


mercoledì 19 maggio 2010

... neanche se sei Eddie Merckx - Day IXXX

oggi avevo voglia di di dolore. di punirmi. ma non ho il coraggio di prendere una lama e segnarmi le braccia. neanche le patologie psichiatriche mi riescono in maniera decente. così mi attacco ad internet e mi vado a cercare tutto il male che posso trovare in rete. in questo sono bravo. potrei guadagnarci dei soldi. trovo sempre il modo di saltare divieti, password e accessi vietati. conosco una quantità di modi per tirar via le protezioni alle armi con cui decido di colpirmi. ed alla fine trovo sempre qualcosa di sufficientemente affilato da tagliarmi a fondo, con un bella ferita che dura giorni. un pugno nella pancia a ricordare le colpe di cui non ci si può liberare con un salto di due ore e uno stravagante lavoro malpagato. ricordare se possibile. sicuramente pagare ed espiare. ho cominciato a cedere alla tentazione della penitenza ieri sera al lavoro. un turno potenzialmente pericoloso si è rivelato inconsistente per la mia incapacità di collaborare alla maggior parte delle portate in comanda. mentre i lavapiatti preparavano panini e impiattavano senza alcuna fatica io ho iniziato di nuovo a sentirmi incompleto e marginale. a chiedermi il senso di quel lavoro; a faticare nel trovare una spiegazione a tutto quello che sto vivendo qua. mi sono chiuso in un silenzio autistico fino a chiusura per poi andarmene con i miei più tipici propositi terroristici a girarmi nella testa. appena salito in metro ho sentito un granchio mordere la gola, stringendo il respiro e scaldando l'aria che iniziava a stentare. ho provato a resistere e distrarmi, a leggere, a controllare il petto. a pensare ad un weekend possibile, al compleanno di mamma, ad una nuova sistemazione. non è servito neanche a ritardare. dopo due minuti cancellavo furiosamente nomi dalla rubrica del cellulare, schiacciando con violenza ogni volta che il display incredulo mi chiedeva conferma del “delete”. cancellato! cancellato! cancellato! ho giustiziato una ventina di innocenti. la mania di onnipotenza frustrata segna sempre l'inizio di queste crisi. condanne contro nomi che non hanno garantito l'attenzione minima al mio bisogno di commiserazione e compassione. ho eliminato voci che tenevo da oltre dieci anni. amici che un tempo sono stati la mia quotidianità, colleghi a cui devo molto, sorrisi che mi hanno negato ogni diritto. gli illustri superstiti di altre storiche epurazioni stavolta non si sono potuti salvare. non è servito a nulla, non ero riuscito a lasciarmi addosso il sapore del rimpianto patetico. dovevo distruggere qualcosa di più grosso e dalle conseguenze più devastanti. quando è così attacco la stabilità emotiva ed le poche certezze che di solito caratterizzano la mia vita. è così che ho mandato a puttane amicizie, lavori e relazioni. è in questo modo che poi la disperazione è diventata ancora più solitaria. dovevo lasciare il lavoro che mi toglie tutto il tempo a disposizione, quella casa dove non parlo inglese e forse mandare a cagare tutti, seminando amici e parenti così da vivere una mediocrità senza aspettative, scivolando verso il silenzio di chi non resiste più alla coerenza delle esistenze altrui.
la notte è durata le tre ore di sonno che mi sono concesso e stamattina ero deciso ad avvertire il manager della mia rinuncia a fine mese. per fortuna non ho trovato il coraggio. ma arrivato a in camera per la pausa, il vuoto della mia casella email ho di nuovo scatenato la rabbia autodistruttiva che si è lanciata alla ricerca della più banale tra le punizioni. ora mi sento soddisfatto. non ho più forza di colpirmi ancora. tra 5 minuti andrò al lavoro completamente sfatto in attesa che un'altra sera mi accompagni fino giorno successivo, dove non avrò altro da fare che aspettare l'arrivo di quello dopo.

a.

domenica 16 maggio 2010

Sunday, lonely Sunday - Day XXV

Pizza Connection
Sta sbiadendo anche questo giorno di festa senza che sia andato più lontano della porta della Wilson House. Ho provato a mescolarmi un po' con i ragazzi che abitano i flat vicini, dopo che Fabio mi aveva invitato a scendere per assaggiare un pezzo della sua pizza, curioso com'era di conoscere il mio parere. Vuole aprirsi un'attività in Spagna e da quando ha saputo che ho lavorato, ed in realtà lavoro ancora adesso, come pizza chef mi chiede opinioni tenendomi aggiornato sui progressi delle mistura che inventa. L'impasto era abbastanza buono, forse un po' duro, ma mi sembra lontano da una forma stabile. Anche i ragazzi non sono male. In qualche maniera alcuni di loro li avevo già incrociati durante la permanenza di gennaio e anche stavolta sono saltate all'occhio le diversità: sono tanto più giovani e vivono in maniera troppo lontana dalla mia. Amano gli eccessi della capitale e la libertà che questa concede a chi vuol lasciarsi andare. E poi si conoscono tutti da mesi ed ormai non sentono il bisogno di impegnarsi per allargare il giro con semiadulti così complicati. Di nuovo mi è sembrato di non avere argomenti da condividere per cui dopo due ore ho tolto il disturbo. Anche Alessio, il roomate pugliese con cui vivevo tre mesi fa, si è velocemente defilato nonostante i miei tentativi di mantenere un contatto. L'ho risentito soltanto quando ha avuto bisogno del phon. Eppure ero convinto di avere una grande intesa. Ci eravamo spesso lanciati in discorsi seri e e confidenze private. Ora non si è nemmeno ricordato del mio compleanno, nonostante facebook si sia premurato di avvertire tutti.
Please to met you
Con gli altri conosciuti sul sito di italianialondra non c'è molta regolarità nel vedersi ed anche con loro non è scattato nessuno di quei meccanismi che mi innamorano immediatamente di certe persone.
Quella che dopo il ritorno in Italia ero convinto fosse la difficoltà minore da affrontare ora sta diventando davvero un nodo da sciogliere. Sto conoscendo davvero tante persone ma forse attraverso una fase di scarsa ricettività. Sono stanco e svogliato. Solo Michele, lo chef in partenza di Biagio, era riuscito ad incuriosirmi davvero tanto. Purtroppo parte e quindi non se ne farà nulla. Ieri sera ce ne siamo andati insieme al Ministry of Sound, discoteca culto londinese. Ci siamo divertiti anche se la musica era troppo pesante per me. Nel Box, la sala più dura i bassi rendevano difficile anche respirare. Sono riuscito comunque a resistere fino alle 4:30 ed al ritorno ho vissuto la prima alba londinese della mia vita, vivendo per qualche istante un timido senso di pace. Nuovamente mi sono addormentato sull'autobus,ma questa volta appena in tempo per scendere alla mia fermata senza freddolosi ritorni a piedi. La settimana prossimaproverò ad organizzarmi per andare al Fabric.
Insieme a me sono scese le due ragazze russe con cui divido in regime d quasi integrale anonimato il flat. Stavolta però erano molto ben disposte e ci siamo allegramente intrattenuti in chiacchiere e pettegolezzi fino alle rispettive stanze. Parlare in inglese con loro facile e naturale. Confermando che ho bisogno di allargare gli orizzonti oltre l'italico idioma. Quindi oggi mi sono messo più seriamente in cerca di una nuova casa. Non so se avrò il coraggio di gettarmi tout court in una casa interrazziale. Conoscendo le mie esigenze di ordine e pulizia temo di soffrire gli altrui concetti di “vivibilità”. Però ho bisogno di nuovi stimoli e tanta gente intorno. Possibilmente anglofona. Sicuramente vitale. Spero di trovare presto qualcosa, ma se penso che a Roma ho impiegato 5 anni per trovare la sistemazione ideale mi vengono i brividi.

The Italian Job
Il lavoro sembra procedere bene [crdedo di aver dimenticato di scrivere che alla fine avevo deciso di restare ;)]. Sergio lo chef si sta impegnando per rendermi i “servizi” facili e veloci, inventandosi tutta una serie di procedure più rapide e sistemandomi la cucina in modo che non debba girare troppa vuoto. Con l'avanzare della primavera cominciano ad aumentare i clienti ma tutto è ancora sotto controllo, anche se niente mi toglie di dosso la sensazione che tanto prima combinerò qualche guaio. Non è una scaramanzia patologica, perché non penso di non dover parlare di certi argomenti per non pregiudicarne il buon esito. Non è il caso di nominarli perché sicuramente andranno male e quindi dovrei poi andare un sacco di spiegazione sul perché tante buone premesse sono sfumate. Prova a pensare in maniera diversa,ma solo il tempo e qualche giro buono potranno togliermi questa paura.
Domani si ricomincia.

a.

venerdì 14 maggio 2010

... to meeeee! - Day XXIII

Strange [birth]days
Un anno fa mentre tornavo dal lavoro pensavo completamente svuotato che avrei festeggiato uno dei miei peggiori compleanni. Probabilmente il più inquieto. Poi una volta tornato a casa la luce si era accesa su una cucina piena di amici e per un momento ero riuscito a compiacermi dell'idea che forse "qualcosa di buono c'era in me". Invece tutto era saltato in aria nel giro di due settimane. Rancori repressi, incomprensioni, insulti e tante parole sono esplose all'improvviso lasciandomi orfano di una vita che credevo blindata e rassicurante e sulla quale mi ero poggiato per resistere all'ennesimo calcio in culo da parte della vita. Mi sono ritrovato dopo anni senza riferimenti. Senza un punto dove guardare che fosse un po' più in là di quella alienante quotidianità. Poi è arrivata la vertigine e la paura di non farcela. Le domande senza risposta. I vuoti e i bisogni frustrati. Infine la fuga; perché ormai non so fare altro. Scappare dalle difficoltà: lavori difficili, coinquilini distratti, vicini disordinati, amori impegnativi.Oggi è stato un compleanno che in qualche modo ricorderò. Ero a londra, stavo lavorando e cercavo di scogliere qualche nodo. In una settimana ero anche riuscito ad intrecciare una sorta di rapporto con un collega, tanto da spingerlo a considerare naturale regalarmi un libro e la sua bicicletta. Forse "qualcosa di buono c'è in me". Eppure intorno, vicino a me continuo a sentire un vuoto insopportabile. Se non fosse stato per il mio roomate avrei passato la giornata da solo. Al massimo sarei andato alla ricerca di un timer da cucina per rendere meno stressante il nuovo lavoro. Perché ormai non ho più voglia di investire in nessuno. Mi stanco subito dei ritardi e condanno a morte ogni assenza.Invece grazie a Beppe è uscita fuori una serata divertente e leggera che ha dato un qualche senso ad una data che cominciavo a voler saltare in fretta. sono a Londra e comunque dovrò ricordarmelo questo giorno. Il primo compleanno lontano da tutta mia vita, contemporaneamente: Chiara, gli amici, la famiglia, il Pigneto.
Ho atteso gli auguri di Francesca, di Claudia. Non avrei mai voluto perdere la loro voglia di ricordarmi, ed altri che aspettavo o temevo no sono arrivati. Marta mi ha mandato una mail incredibile e i miei vecchi coinquilini alla fine sono riusciti a commuovermi. Resto confuso e distratto. Intorno a me gli altri trovano presto un senso al loro migrare, per me invece questa città rimane ancora avara di risposte. Ha sospeso le domande e interrotto i pensieri velenosi ma non sto andando da nessuna parte. Prendo tempo ed aspetto, cercando di prendermi cura di quello che ho dentro.Ho bevuto troppo, buonanotte.a.

giovedì 13 maggio 2010

Mads in Italy - Day XXIII

Cheers room[mate]
Altro aggiornamento veloce. Oggi ho ufficialmente rassegnato le mie dimissioni dall'incarico di Boicottatore Gatronomico. Michele è stato molto comprensivo confermandomi che anche lui, al posto mio, avrebbe avuto gli stessi problemi nel rimanere in quelle condizioni. Sergio, lo Chef che rimane, non è stato meno sensibile chiedendomi solo il tempo di trovare un sostituto. Da parte mia ho voluto solo sincerarmi che quello che ho lavorato mi verrà riconosciuto. Non dovrebbero esserci problemi se non fosse che dopo un'ora il manager è entrato in cucina a chiedermi ero disposto a restare nel caso avesserò preso anche un'altro cuoco. A quel punto ho cominciato a ripensarci. Certo dovrei comunque rivedere la cifra pattutita inizialmente perché certe responsabilità a quel prezzo non me le assumo di certo. Però in tre si dovrebbe recuperare almeno mezza giornata Off. Domani ci ragiono con calma anche perché forse quella persona potrebbe essere Beppe, il mio roomate in cerca di lavoro e con tanta esperienza di cucina alle spalle. Con lui quasi sicuramente prenderemo una casa qua vicino, sempre a Swiss Cottage, con due singole un soggiorno una cucina ed anche un piccolo balcone. 950 pound al mese tutto compreso, da dividere equamente.

Oggi è il mio compleanno. Uno dei più solitari e alienanti della mia vita. Meno male che c'era il compagno di stanza a dividersi una birra e a offrirmi una fetta di dolce al limone.

Too close
I primi auguri me li ha dati comuqnue la vicina di stanza, uscita dalla camera vestita come la signora Pina di Fantozzi, sbraitando perché non avevo usato il cellulare come lei per scendere le sale appena uscito dalla doccia, ma avevo acceso la luce del corridoio, che è penetrata nel vetro sopra la sua porta svegliandola [Ore 11:55]. Il tutto urlando in milanese, aggiungendo un "Cazzo" e un "Vaffanculo" e finendo dandomi del cafone a me che le ho soltanto detto "Buonanotte Linda". Lei che si è presa alcune stoviglie dalla cucina e se la tiene in camera; lei che urla cu Skype con il ragazzo tanto che se stata un po' in silenzio la sentite anche voi da Roma; Lei che ci costringe a tenere il termostato dei riscaldamenti a 25° in Maggio e poi apre la finestra per il caldo; lei alla quale ho dato senza che me le chiedesse, la televisione che era in camera e la presa multipla e che invece dopo 4 giorni di prestito ha rivoluto indietro la riduzione che le avevo chiesto in prestito "Perché altrimenti deve staccare l'altra per usare il Phon"... Ed Io che me ne sono scappato dall'Italia per non avere più a che fare con l'arroganza egoista dei nostri peggiori concittadini; Io che cercavo un posto dove fosse possibile lavorare in maniera serena e organizzata, Io che volevo riposarmi e scomparire da tutti dopo due anni di rincorse senza risultati... mi sa che devo correre ancora più forte.


a.

mercoledì 12 maggio 2010

Made in Italy - Day XXII

Tanti giorni di assenza ed alla fine un aggiornamento veloce per raccogliere le idee su ciò che sta accadendo da Biagio@bankside. Giusto ieri ho firmato il contratto che mi lega in maniera assolutamente vaga al ristorante, ma la situazione sta precipitando in maniera molto più concreta. Quello che si era presentato nell'annuncio su Gumtree com Aiuto/comis Pizza chef, o al limite Kitchen Staff Member, è stato trascinato 10 giorni fa in una cucina dove si alternavano 2 Chef e una 2° Chef. Tanta roba da imparare, verdure da tagliare e dita da spellare; ma questo lo sappiamo già. Inaspettato è stato l'evolversi degli eventi. Ero stato avvertito della partenza di due dei tre cuoci, ma anche dell'arrivo di uno nuovo che avrei dovuto affiancare. Già l'idea del 2° chef mi faceva tremare i polsi, ma del resto qualcosa devo imparare a fare nella vita e perciò avevo deciso di buttarmi fidando sempre sull'aiuto che 15 gocce di Lexotan possono garantirmi. Nel corso della settimana mi sono rapidamente reso conto che neanche la chimica mi avrebbe salvato perché il sostituto dei partenti non si vedeva ed io venivo sempre più spesso messo ai fuochi con l'obbligo di tentare in ogni modo di bruciare sughi e scuocere paste.
Ieri il tutto è stato ufficializzato: per sabato devo diventare uno chef vero e proprio. Cucinare 7/8 primi contemporaneamente, magari anche qualche pizza nel frattempo, coordinarmi con le Main Courses e le comande del primo cuoco. Il tutto ad una velocità sinceramente non controllabile. I primi esperimenti hanno dimostrato l'assoluta follia di questa situazione, così il manager si è deciso a confermarla in blocco. In più avrò lo stesso stipendio di un lavapiatti, ma con una mezza giornata in meno di libertà.
Oggi torno e gli dico che se mi vogliono alle condizioni iniziali posso restare, altrimenti mollo. Sono venuto per trovare un po' di tranquillità ed imparara l'inglese. Qua lavoro 10 ore al giorno per 5 volte e mezzo a settimana, in una cucina di italiani e con uno stipendio da fame. Spero solo con Don Biagio Corleone [che dice di venire da Genova!!!] mi paghi le due settimane lavorate.
Stasera cerco di aggiornare sull'evoluzione degli eventi.

a.

sabato 1 maggio 2010

Clawslaw Italian Tortelloni - Day X

Give me a chance
A quanto pare può succedere anche questo a Londra: un semipizzaiolo prestato alla grafica [come amavo bullegiarmi qualche anno fa nel momento di maggiore splendore] possa nel giro di 24 ore, passare da disoccupato senza speranza, rassegnato ormai a prostituire la propria identità estetica per 8 shift a settimana, ad aiuto cuoco.
La Prova del cuoco è andata abbastanza bene ed alla fine ho deciso di accettare l'offerta di Biagio@Bankside [32 Southwark Bridge Road - London SE!]. Evidentemente dopo avermi visto maltrattare la pasta all'uovo si sono convinti che fossi la persona indispensabile per completare lo staff della cucina.
Il contratto, che dovrei firmare nei prossimi giorni, prevede un compenso di circa 1000 Pound al mese per una cinquantina di ore a settimana. In realtà nell'intervista di giovedì mi avevano parlato di 950 Pound, ma stasera Sergio, il capo chef, diceva che siccome sono "maturo" chiederà di poter alzare un po' lo stipendio. Incredibile quello che in Italia è uno svantaggio praticamente ovunque, qua può aiutarti a guadagnare di più. E comunque a quanto pare in questo ambiente si preferiscono persone inesperte e ossequiose da plagiare a propria immagine, piuttosto che professionisti affermati con i quali discutere ogni procedura della preparazione.
In tutto ciò non solo potrò tenere barba, vero limite in una città non sempre openminded, ma anche l'argenteria che mi pende da orecchie e sopracciglio. Del resto quando sono arrivato ieri ho trovato la ragazza in partenza con il piercing ala cartilagine del naso, due espansori ai lobi, altri due cerchietti e paio di percing sulle orecchie, La mia anima dunque è salva perché di quella Biagio non sa cosa proprio cosa farsene. In cambio si prenderà il mio corpo sequestrandomi di fatto per il 75% della settimana. Sei giorni su sette [ma con tutta la domenica ed il sabato fino alle 5 Off]
Questo succede in un momento in cui ho già rifiutato l'offerta notturna da parte degli Orsi di Vauxhall e rinunciato alla prova ad Zuccato. Come se non bastasse ieri nella pausa pranzo mi sono ritrovato tra le mail quella di un locale vicino a Regents Park in cerca di un Pizza chef.

Cook at me!
Intanto nel primo giorno in cucina ho lessato patate, saltato verdure, steso pizze ed affettato unghie: la mia.
Eravamo appena alla mezz'ora del primo tempo [il turno di la mattina] ed ero reduce da una bella incursione su broccoli e fagiolini, quando lo chef mi ha chiesto di sminuzzare il basilico porgendomi a mo di investitura medioevale un coltello grosso come una pinna di squalo .
"Lo sai usare questo, vero?!" ha detto riducendo in pochi secondi una montagna di foglie in una polvere leggera ed omogenea.
"Certo! Come no!"
In realtà non lo avevo mai usata un'arma del genere. Di solito a casa si hanno innocenti coltellini con la lama masticata dall'incuria di usarli per per tutta una serie di attività che vanno dal bricolage alla medicina domestica. Però li avevo visto tante volte in TV quei cuochi esperti che arpionano con la mano intera le verdure e tenendola contratta in una sorta di pugno aperto si fanno scorrere la lama sul dorso delle dita ad una velocità che non è comunque umana.
“Rubba con gli occhi!” dicevano i vecchi ed io ero certo di aver messo da parte un bel malloppo a forza di ammirare estasiato lo Chef Tony ed i suoi Miracle Blade III – La serie perfetta.
Ero abbastanza sicuro di poterci riuscire, magari più lentamente ma con un risultato sicuramente apprezzabile. Ho afferrato quindi il manico antiscivolo e mi sono chinato sulla preda. Un attimo dopo ero lì con il medio della mano sinistra che iniziava sudare sangue mentre una sottilissima slice
della sua unghia lo salutava per tuffarsi disperdendosi nella vegetazione.
Fortunatamente nessuno si è accorto di nulla, così ho riposto il mio lavoro e sono andato a medicarmi. Ora spero soltanto che il ripieno non abbia troppo successo perché non ho alcuna intenzione di sacrificarmi ancora.
Stamattina come previsto non si lavora ma alle 5 torno in cucina, nonostante il Worker's Day. Lunedì invece tutti off. Sono distrutto ma fiducioso. Nel primo giorno ho preparato con le mie mani una montagna di tortelloni, saltatato le verdure e cucinato il purè. Sto anche riuscendo a contenere il mio immancabile pessimismo, pensando che basterà non un po' di pratica per imparare ad eseguire le decine di procedure che mi hanno mostrato ieri, che un'occasione come questa per diventare "qualcosa" non ricapiterà tanto facilmente e che comunque mi restano ancora 9 unghie!


Buon 1° Maggio!

a.

Aiuto! Cuoco? - Day IX

A quanto pare può succedere anche questo a Londra: che un semipizzaiolo prestato alla grafica [come amavo bullegiarmi qualche anno fa nel momento di maggiore splendore] possa nel giro di 24 ore, passare da disoccupato senza speranza, rassegnato ormai a prostituire la propria identità estetica per 8 shift a settimana, ad aiuto cuoco.
Alla fine ho deciso di accettare l'offerta di Biagio@Bankside [32 Southwark Bridge Road - London SE!] che dopo avermi visto condire torturare i tortelloni.
Il contratto, che doveri firmare nei prossimi giorni, prevede un compenso di circa 1000 pound al mese per una cinquantina di ore a settimana. In realtà all'intervista di ieri l'altro chef mi aveva parlato di 950 pound, ma stasera Sergio, il capo chef, diceva che siccome sono "maturo" chiederà di poter alzare un po' lo stipendio. Incredibile quello che in Italia è uno svantaggio praticamente ovunque, qua aiuta a guadagnare di più.
In cambio potrò tenere barba baffi e tutta l'argenteria che mi pende dalla testa.Certi si lavorerà moto perché si tratta di 6 giorni su sette [Con tutta la domenica ed il sabato fino alle 5 sempre Off]
Questo succede in unmomento in cui ho già rifiutato l'offerta notturna da parte degli Orsi di Vauxhall e rinunciato alla prova ad Zuccato. Come se non bastasse oggi bella pausa pranzo mi sono ritrovato trale mail quella di un locale vicino a Regents Park in cerca di un Pizza chef.
Ormai sono di proprietà di Biagio e nulla potrà farmi cambiare idea. Neanche la fetta di unghia partita dal dito emdiao della mi amano sinistra mentre sminuzzzavo il basilico.
Lo chef mi aveva appena chiesto:"Lo sai usare il coltello, vero?!"
"certo! Come no!"
é via una bella porzioncina del dito a mescolarsi con il pesto...
Ora sono distrutto ma felice. Sto riuscendo anche a contenere il mio immancabile pessimismo pensando che non un po' di pratica sapro eseguire le decine di procedure che mi hanno mostrato stasera . e che un'occasione così per imparare qualcosa non ricapiterà tanto facilmente.
Ho cercato di scoraggialrli fino alla fime, ma preferiscono uno che no sa nulla e quindi non azzarda interpreptaioni del menù, ad un diplomato che annid di esperienze. Da parte mia ce la sto mettendo tutta,
Ora sono davvero distrutto. Sono anni che non lavoro sul serio e me ne accorgo adesso. Buonanotte.


a.

venerdì 30 aprile 2010

The Chef test! - Day IX

Passaggio rapido per aggiornare sul rapidissimo evolvere degli eventi. Ieri mattina, dopo una notte di Bear Storming, ho deciso di andare da Zuccato per confermare lamia disponibilità ad un trial che dovrei sostenere domenica mattina. Il condizionale è doveroso perché toranto a casa mi sono gettato a testa bassa nella ricerca di un'alternativa che potesse salvarmi almeno la barba. Ho studiato a fondo il sito di Gumtree, rispondendo a tutte le inserzioni possibili ed inserendo anche un mio annuncio in cui mi offrivo come Aiuto Pizzaiolo. dopo di che ha chiamato il moi amico Andrea invitandomi a una birra in centro e mi sono avviato carico di pensieri.


Due birre sono servite a mandarne via parecchi ma ogni volta che mi passavo la mano sul mento sentivo un brivido ruvido di precoce nostalgia. Insofferente l'idea di una rivoluzione estetica ho deciso allora di tornare a casa per continuare a seminare speranze in rete. Ad aspettarmi nella casella di posta c'era il messaggio di Sergio, cuoco del ristorante italiano vicino il London Bridge Biagio@Bankside dell'omonimo gruppo
Stava cercando un aiuto chef e voleva incontrarmi per una chiacchierata. Il tempo di richiamarlo ed ero già in metro alla volta dell'ennesima possibilità. La ricerca del posto ha impiegato il doppio del tempo previsto ma per le 8 ero già seduto a parlare con Michele, l'altro chef di tutto quello che non sapevo fare in cucina. Lui è stato molto comprensivo, ribadendo più di una volta che cercava solo impegno e voglia di imparare.


Quella non mi manca di certo, soprattutto in un momento come questo. In cambio garantiva rispetto per la mia barba ed il mio piercing. Coì tra due minuti usciròdi casa per recarmi alla prima vera prova del "London Recalling". Ci sentiamo al mio ritorno. a.

mercoledì 28 aprile 2010

To bear or not to beard - Day VII

Oggi finalmente giornata di colloqui promettenti. Il primo fissato per le 9.00 Deep Blu Subs panineria di Vauxhall dall'altra parte della città ma molto ben collegata, per cui è bastato alzarsi alle 7.00 per avere tutto il tempo di farmi doccia e barba, sistemare la stanza per renderla presentabile al roomate in arrivo da Torino, fumarsi mezza sigaretta e sbagliare un paio di uscite dell'underground una volta arrivato là.

Night life

Il posto nuovissimo pieno di giallo e di blu in uno stile laccatamente americano è una rientranza ricavata scavando uno degli archi cechi del ponte che scavalca la fermata della metro. Si affaccia su una strada trafficatissima e rumorosa che mi ha ricordato subito il negozio Buffetti di via Tor de' Schiavi e che rendeva impossibile capire il barbuto e corpulento Chris, calvo e rosso così come il collega che mi ha accolto all'entrata. Entrambi possibili esponenti di quella comunità gay detta Bears - Ursina [vedi wiki].
Chiudendo la porta l'isolamento audio è notevolmente migliorato, così che Chris ha potuto tranquillamente abbassare di un ottava la tonalità della sua voce diventando incomprensibile. Dopo una quindicina di: Kul iù ripit pliis? sono riuscito a capire cosa offrivano: Friday and Saturday from 8 PM to 5 AM 6,50 Pound per hour. Forse anche la domenica. Magari poi arriva qualcos'altro ma per il momento le loro esigenze sono notturne perché la zona nei week end è frequentata da molta gente che resta in giro fino a mattina rimbalzando tra un locale e l'altro in preda ai morsi della fame chimica.
In pratica interpretazione British dello Zozzone, il nome romano dei paninari nei furgoncini che restano aperti tutta la notte nei fine settimana nei pressi delle zone più frequentate.
La paga non è eccezionale per un nightshift, però data l'ampiezza di vedute di Chris potrei tenere piercing, orecchini, barba e anche un'enorme parruca da luna se lo volessi. Il fine settimana sarebbe perso definitivamente, ammesso di riuscire a dormire di giorno, evento per me davvero inedito. Considerando poi che di solito le persone che conosco lavorano dal lunedì al venerdì rischio di cominciare anche io a drogarmi per la solitudine ed a spendere tutti i soldi al Deep Blu Subs.
Certo nel frattempo lavorerei sull'inglese e potrei cercarmi un altro posto e poi forse davvero col tempo mi darebbero avere qualche turno in più. MI hanno concesso un giorno per pensarci.


Deep Black Soho
Finito con Chris erano appena le 9.30 ma il le ore davanti non mi spaventavano visto che avevo le 50 copie di cv da volantinare, per cui ho trascorso la mattinata a incrociare dentro quel delirio labirintico che è Soho, arrembando ogni ristorante, caffé e bar che trovavo aperto al grido di Chen ai liv mai sivvì? e ce ne sono davvero una quantità nauseante.
Come potete immagianare due ore dopo avevo totalemte perso il controllo della situazione. Non solo avevo rimosso locali e strade battute il giorno precedente ma anche quelli della mattina prima. Così per due volte mi sono ritrovato davanti facce perplesse che mi salutavano spiegandomi che già avevo portato loro il mio curriculum da cestinare, ma che se proprio insistevo potevo dargliene un altro.
Al trentesimo curriculum potevo ritenermi soddisfatto e mi sono avviato a casa in attesa del roomate da torino e della seconda intervista.

Waiting for a waiter
In realtà il colloquio delle avrei dovuto sostenerlo già ieri, soltanto che quando sono arrivato al ristorante ho trovato tutti in agitazione per qualcosa che doveva essere capitato al sistema d'allarme perché c'era un ragazzone della sicurezza con tanto di walkie-talkie che per mezz'ora ha provato a spiegare al manager cosa era successo indicando vari punti nel quadro elettrico. Evidentemente frustrato dalla situazione il Capodeicapi si è scagliato contro quella che ho scoperto solo oggi essere la shift manager [la responsabile del turno] così che dopo mezz'ora che studiavo il menù ho chiesto al cameriere che nel caso sarei potuto ripassare oggi e lui ha confermato la bontà della mia iniziativa salutandomi.
Quindi alle 6, dopo aver dato a Beppe di Torino il tempo di riprendersi dalla constatazione imprevista che avrebbe condiviso una doppia, sono tornato da Zuccato per un nuovo tentativo: Stavolta non ci sono stati imprevisti. La ragazza maltrattata ieri è stata con me gentile e comprensiva ma irremovibile nella richiesta di tagliarmi la barba per poter effettuare una prova.
A questo punto mi sono preso un giorno di tempo per decidere. La barba la porto da 5 anni ininterrotti (se si esclude un breve episodio a scopo dimostrativo) e mi pesa davvero l'idea di farne a meno. Certo che è una delle principali richieste nella stragrande maggioranza dei locali qua a Londra e mi sta creando non pochi problemi. Le condizioni economiche non sono eccezionali. La paga non è ad ore ma a turni, 30 pound scarsi per 7/8 shifts. In più non ho la certezza di essere preso.
Entro domani dovrò sciogliere le riserve e comunicare la mia decisione. Vado a cercarmi un teschio.

a.

"Now it's very quiet!" - Day VI

La resa dei Conti
Ieri mattina avevo un conto da saldare con i Recruitment Center dopo i giri a vuoto di venerdì. Caffé Nero e Spaghetti House mi aspettavano per offrirmi lavoro, soldi e una vita londinese finalmente appagante. Per questo, e soprattutto per l'insonnia senile che ormai cresce con incrementi secondi solo a quelli dei capelli bianchi, alle 7:30 ero già lì a cercare di leggere senza occhiali il display del cellulare. Il piano era di arrivare a Covent Garden
per le 10:30, mezz'ora dopo cioè l'apertura dell'ufficio, perché come direbbe Romano: “Il ritardo è di classe”.
Caffè amaro
Avevo quindi tutta la tranquillità per prepararmi con calma. Ero talmente in anticipo che ritrovarsi a correre per non trovare tutto chiuso è stato facilissimo, tanto che ho dovuto aspettare un paio di minuti prima di entrare per recuperare un ritmo sinusale decente perché la tachicardia direbbe Romano, non per niente di classe. Tornato ad uno stato accettabile ero pronto ad affrontare finalmente il mio destino, ma la porta si è aperta ancor prima che potessi afferrare la maniglia, restituendo gli avanzi malconci di un ragazzo, troppo malinconico per non essere italiano, con in pugno un cv uscito distrutto dal colloquio appena sostenuto. Per fortuna la manager mi aveva intravisto così non sono potuto scappare a consolare il mio collega. Toccava a me. Con le interviste a Londra mi capita il contrario di quello che mi succede in Italia per la maggior parte del tempo: mi ricordo tutto. La tipa di Caffé Nero l'avevo registratata. Viso, espressioni, colore dei capelli. Anche il cattivo accento maccheronico mi era rimasto impresso. Sono quasi pronto a scommettere che indossasse la stessa camicetta. Per lei ovviamente ero poco più che un primate col pollice opponibile ed infatti, senza alzare lo sguardo dal mio curriculum,
ha ripetuto le stesse identiche domande di due mesi fa. Anche queste le ricordavo bene tanto che in un impeto di audace entusiasmo mi sono preso la libertà di anticipare una risposta.
“Suiss Cotte'”
Lei probabilmente spiazzata dall'intraprendenza dell'esemplare di anello mancante che si trovava davanti ha sollevato di venti gradi lo sguardo infastidita.
“Sorry?!”
“Sviss Cottasc”
“I didn't understand...”
“De closest tub' stescio niar mai accomodescio its Swisc Kottesg”
A quel punto, trattenendo una furia sanguinaria solo per evitarsi le rogne che Greenpeace le avrebbe procurato se mi avesse conficcato le penna in un fianco, mi ha gentilmente chiesto di mostrarle la posizione della fermata sull'enorme mappa della metro appesa al muro dietro di me. Dopo aver vagato col dito tra Heatrow e Greenwich ho appuntato dritto all'obiettivo scostandomi un poco per mostrarle i progressi dell'evoluzione Darwiniana.
“Ah! Swiss Cottage?!”. Perché io che avevo detto?!
Dopo di che ha iniziato un lungo discorso sulla crisi che a me sembrava Alberto Sordi quando fa l'americano in cui ho colto solo la parola quiet, chiudendo con un malcelato ghigno di piacere sulla frase: We'll call you back.
Non potevo aggiungere molto. “All right!”.

In realtà io puntavo su Spaghetti House nella speranza che Deborah fosse ancora al suo posto e magari con un budget maggiore per le spese personali. Ad accogliermi ho trovato lo stesso baffo indolente dell'altra settimana, già sfinito dal lavoro alle 11 di mattina. Stavolta esanime si è limitato a guardare in direzione delle scale per indicarmi la strada. Di sopra c'era solo una ragazza in attesa del suo turno, che mi ha rassicurato sulla presenza della manager. Non era 
Deborah purtroppo, anche perché lei sarà stata allontanata dalla società per finte fatturazioni, ma una professionale intervistatrice che parlava in inglese e che incredibilmente è riuscita a capire quello che dicevo anche quando invece che “Lettera di referenza” Reference Letter ho detto Referee Letter. Letteralmente “Lettera dell'arbitro”! Fino a quel momento ero stato corretto per cui mi ha solo ammonito dopo di che ha iniziato un lungo discorso sulla crisi in cui ho colto solo la parola Very Quiet. Dovevo comunque esserele sembrato particolarmente disperato perché ha addolcito il solito We'll call you back con una rassicurante considerazione sul tempo che migliorava...

Step by Step
Era ora che cominciassi a cercare lavoro sul serio curriculum alla mano. La nota più positiva della giornata è stato constatare che l'ufficio vicino Holborn che si vantava su Google di essere Probably London's cheapest photocopy shop esiste davvero, anche se per un attimo ho temuto di essermi imbattuto in qualche sede occulta del MI6, lo stravagante servizio segreto di Sua Maestà la Regina famoso pe i film di 007 e per mettere online la pagina per la ricerca del personale! [www.sis.gov.uk/output/careers-1.html]. A parte la porta blindata in un vicolo deserto [e se credete che sto romanzando guardatevi lo streetview] aperta a distanza, l'ascensore con le porte a maglia tipo montacarichi e l'infinita seri di corridoi percorsa il brivido è valso il risultato. con 2 Pound e 99 mi sono portato a casa 100! fotocopie contro le 20 della settimana prima a 4 pound! Nell'ufficio, circondato da una serie di fotocopiatrici vecchissime c'era solo questo tipo con la faccia da spia russa passata al nemico, che trascurando le mie rassicurazioni sulla relativa importanza del contrasto, continuava a guardare le fotocopie in controluce, manco fossero banconote false da 1 milione di pound. E giuro che ne ha provate almeno una mezza dozzina prima di mandare alle stampe quella buona.
Quel che rimaneva della mattina l'ho passato a distribuire una decina di curriculum a Soho con risultati che hanno oscillato dal sorriso irresistibile di una commesso in una focacceria al grugnito di un cameriere dell'est dentro Pizzeria Italiana.
Comincio a dubitare del porta a porta, non conosco nessuno che abbia trovato lavoro così. certo che però ora questi 50 curriculum devo usarli in qualche modo per cui si camminerà ancora parecchio sperando nella sorte. Che non dico debba essere buona ma almeno “Normale”.
Dopo che ho pagato il rinnovo del dominio la casella di posta ha ricominciato a funzionare regolarmente recapitandomi direttamente da gumtree.com un tentativo di truffa che per poco non mi fregava. Evidentemente quel settore non è mai quiet.

a.