giovedì 23 giugno 2011

Blog Out - Day CDXXVIII

chiusa la pagina di facebook, mi trasferisco qui. almeno non avrò più l'ansia di aspettare risposte a saluti che giacciono moribondi da giorni in fondo all-ultima riga della chat e commenti a domande che mancano di arrivare, nonostante il destinatario sia riportato chiaramente in calce.

lascio intatto il piacere del voyeurismo altrui, relegandolo a questo spazio, sobrio ed essenziale. luogo intimo e dimensione ristretta. concentrata al solo pensiero e riservata a chi ha la voglia di arrivare in fondo a noiosi testi infarciti di edonismo e autoreferenzialità.
poche foto, nessun link né articoli da approvare o ignorare. niente chiacchiere, applicazioni o tag incrociati da seguire a ritroso. rimane skype per chi, come me, sente sempre il bisogno di un confronto in tempo reale.
ed è qui se vi pare: andrea.canzonetta. a me fa sempre molto piacere.

l'uomo invivibile rimane attivo per pochi altri e soprattutto per organizzare il quotidiano, che non può più prescindere da certi strumenti, soprattutto in un posto come questo che complica distanze ed orari, rendendoli difficilmente compatibili.
mi mancate tutti. spero davvero di rivedervi presto.

a.

mercoledì 22 giugno 2011

Who want to ride my bicycle?! - Day CDXXVII

Serata tranquilla stasera, giusto un paio di birre con Emily che è a Londra per una settimana dopo aver condiviso qualche mese con noi l'anno scorso. Ero andato in bici perché l'appuntamento era a Stratford, una fermata di Central Line da casa mia ed, a parte una piccola deviazione iniziale, è un lungo rettilineo di 4 Km, anche se io all'andata ne ho percorso qualcuno in più cercando improbabili scorciatoie. Al momento di salutarci, intorno alle 22:30, ho salutato i miei amici ed ho imboccato quella che credevo fosse la strada del ritorno, lontana poco più di un quarto d'ora, pedalando tranquillamente.
Dopo 10 minuti che vagavo senza riconoscere nessuna delle vie ho iniziato a preoccuparmi aumentando l'andatura. Dopo 20 eri in pieno panico e non sapevo più dove andare.
Allora ho cominciato ad improvvisare errori. Ho seguito una percorso inventato, chiesto indicazioni, tallonato gli autobus e mi sono perso. mentre consultavo la mappa ad una fermata qualcuno da un'auto mi ha lanciato un uovo prendendomi le gambe. spinto dalla paura di rimanere vittima di qualche gang dell'East End, ho preso a correre come un pazzo, senza più considerare il codice della strada. Ho imboccato superstrade e sceso contromano la rampa di una motorway. Saltato tutti i semafori e i sensi unici che si frapponevano tra me e la salvezza. ho cercato consiglio nei cartelli e mi sono perso ancora. Il tutto senza luce e senza giacchetto fluorescente. Ad un certo punto ho pensato che non sarei tornato a casa prima dell'alba oppure che sarei stato investito da un camion. la ruota posteriore sembrava soffice in maniera preoccupante ma non volevo pensarci. non potevo permettermi una foratura. Ho ignorato il freddo e la pipì di quelle maledette birre, accelerando ogni volta che una macchina sembrava avvicinarsi in maniera sospetta.
Continuavo a leggere nomi di zone sentite solo negli annunci delle camere in affitto. ero pronto a chiamare il 999. poi è apparso l'N8 ed ho vissuto la gioia disperata del naufrago senza più bussola. non ho più lasciato la mia stella polare. Novello Pollicino, seguendo il percorso delle fermate di quella linea a ritroso, alle 01:05 ero di nuovo a Stratford senza aver smesso mai di pedalare, da là dritto a casa. Gli ultimi chilometri sono stati degni di Dorando Petri. Sono arrivato, stremato ma senza aiuto, in 15 minuti, come da programma.
Ora vado a fumarmi una sigaretta.

a.

martedì 21 giugno 2011

friended - Day CDXXV

Stanotte ho sognato che decidevo improvvisamente di tornare in italia per sorprendere i miei amici come non ero riuscito tre mesi fa.

Stavolta niente preavvisi, programmi o appuntamenti definiti per dividermi il tempo con tutte le persone che ho bisogno di incontrare quando torno a casa. il biglietto comprato all'ultimo momento spendendo una settimana di doppio lavoro e una valigia leggerissima perché nessuno sarebbe stato ad aspettarmi a ciampino con auto comode in cui smaltire le solite 30 gocce di Lexotan e braccia di supporto per le valigie in doppia cifra.
Nessun regalo con me e poca ansia addosso per il volo che stranamente non preoccupava affatto, tanto da scomparire subito nella memoria del risveglio, che cerca di arraffare al volo ogni istante del mondo onirico mentre sfugge alla registrazione dei particolari scivolando tra dettagli leggerissimi.

Così che il film di stanotte comincia immediatamente a casa di mia madre. Una casa che ora non c'è più, almeno come l'ho sempre vissuta io, e che faticherò forse sempre a familiarizzare. Come il viso di chi improvvisamente dopo anni, decide di tagliar via barba e baffi e diventa straniero anche al proprio riflesso nello specchio ed alle mani che cercano, lisciando il mento, quella resistenza ispida conforto di preoccupazioni e pensieri resistenti.
Ci sono siepi e muretti scomparsi nel set in cui si gira il lunedì di una pasquetta tardiva, scelta dai pensieri inconsci a cui serviva un'occasione collettiva in cui raccogliere più interpreti possibili. E c'è un cancello con le sbarre che permette di guardare fuori, al posto della lastra di metallo che mia madre a deciso di frapporre tra lei ed il mondo esterno, chiudendo per sempre all'imprevisto ogni voglia di proporre incontri casuali.
Io sono all'interno e guardo fuori, verso la casa di quelle che è stato il primo grande amico della mia adolescenza e che ora, mi hanno detto vive e convive in un altro posto. Nel cortile di quella casa ci sono persone che si muovono, veloci e ritardatarie, per non perdere il sole che aspetta impaziente. Da qui non riesco a distinguere le espressioni, anche se la consapevolezza riesce ad associarle ad immagini consuete.

E comincia l'ansia.

La paura di una sorpresa imbarazzante. Di una rottura scomoda per la routine collaudata di chi fa a meno di te da troppo tempo per riuscire facilmente a cambiare programma. Perché loro sembrano così fluidi nei loro automatismi e recitano a memoria un copione in cui non sembrano esserci ruoli scoperti. A meno di non rassegnarsi ad una comparsata periferica che però diventerebbe imbarazzante per tutti visto che sei comunque un nome che anni fa riempiva le locandine.

Poi cambio la scena.

Cammino lungo il vialetto. Lentamente perché avverto dietro la curva il silenzio del brusio nascosto. E quasi non vorrei continuare per non complicare tutti. Ma sono qui per loro, o per me, e poi comunque nei sogni non è che si decide sul serio l'azione. Abbiamo una volontà ritardata, come il dèja vù che ci rende solo rassegnati protagonisti di situazioni inevitabili.
Così continuo e comincio a scorgerli in sequenza. nel sogno sono molti, seduti su l bordo della rampa che un tempo conduceva al garage, credo almeno 7/8. riesco a ricordare andrea che si gira e mi guarda dal basso senza dire nulla e serena, appoggiata al cancello, anche questo ormai rimosso, con gli occhiali da sole che le ho visto indossare in qualche recente foto di gruppo,
forse c'è anche michele ed un altro che non conosco o riconosco. ed un posto lasciato vuoto. Sicuramente c'è il mattew perché è l'unico a dire qualcosa quando dopo il silenzio prolungato di tutti provo ad accennare un commento. A sottolineare la mancanza di reazione alla sorpresa. Che evidentemente non è tale.
Ma non è neanche sgomento.
O disappunto.
Nulla.
Non c'è alcuna reazione da parte di nessuno. Così alessandro cerca di dire qualcosa che spieghi, ma io non posso sentire perché sono già di spalle e cammino verso casa con david che mi raggiunge per dirmi quello che non riesco a ricordare se non nelle sensazioni. Mi porta scuse collettive e mi chiede di capire. Indossa la felpa verde con la zip ed i suo pantaloni larghissimi. Senza occhiali e con i capelli più corti dell'ultima volta che ci siamo visti, sembra quello di qualche anno fa quando vivevamo entrambi a roma.
Ed eravamo vicini.

È l'ultimo pensiero che mi resta in mente, finché torna la sensibilità del corpo, che avverte la fine di ogni sogno con il peso schiacciato sul letto; ed a quella immagine mi aggrappo per restare attaccato al sogno e riavvolgere al contrario il nastro prima che la luce della coscienza lo bruci rendendolo illeggibile.
Poi pensieri, considerazioni, frasi e parole cercano di tradurre quel moncone di sceneggiatura senza finale. Ed è facile trovare la strada che porta a conversazioni strappate e saluti mai consegnati.
Ai silenzi che allungano lo spazio tra qua e casa ed immagini in cui sempre più spesso la tua assenza è invisibile. All'impossibilità di scandire i tempo insieme e di sentirsi utili.
Alle incomprensioni.

Ed aumenta la paura di doversi rassegnare a ruoli sempre minori, pena inevitabile di chi ha deciso volontariamente l'esilio. In cui la necessità della parte è soltanto di chi non vuole accettare il suo declino, mentre l'isolamento non produce nuovi stimoli creativi. Viene voglia di tornare prima che sia troppo tardi. Prima di subire quel salto generazionale che elimina i personaggi dalla memoria collettiva. Forse è per questo che ho sognato di comprare un biglietto di sola andata.
Oppure di sparire di nuovo, lasciando a pochi appassionati la visione privata di proiezioni minime; risparmiarsi la patetica uscita di scena di una star piena di nostalgie e cominciare a declinare mio malgrado qualche amico al passato.

a.

giovedì 16 giugno 2011

It rains... the thievish government! - Day CDXXI

L'insonnia comincia a svegliarmi sempre più precocemente anche qui. Nonostante vada a dormire non prima di mezzanotte, la mattina mi ritrovo con l'orologio in mano ogni volta più presto. Ed io che avevo sperato di averla seminata a Roma. In realtà credo sia più per l'effetto della nuova stanza che mi spara la luce delle finestre direttamente sul letto appena comincia ad albeggiare. Ho provato ad appendere davanti alla tenda Agata, la coperta colorata che da anni rimbalza tra me e chiara a proteggere le reciproche basse stagioni. L'effetto estetico è di sicuro impatto ma la capacità oscurante è praticamente nulla a parte un risveglio molto più "cromatico" del grigio topodellacity che sta preparando al solstizio d'estate.

Perché qua da una settimana il sole lo vediamo solo nelle iconcine delle previsioni più ottimistiche ma oggi il tempo, per non voler contraddire gli infallibili metereologi della BBC che avevano sentenziato "light rain shower", si è messo giù subito di pioggia così mi ha tolto ogni dubbio sul come recarmi al lavoro.

Quindi stamattina lascierò a casa la bicicletta che mi porta in giro da quando era cominciata l'ennesima crisi economica di questa tourné oltremanica. Questo comporterà però una discreta perdita di tempo sui meccanismi perfezionati in questi giorni e che mi avevano garantito una minima perdita di tempo negli spostamenti. Con meno di venti minuti infatti riesco a coprire i 4 km che separano casa mia dal pub in Tabernacle street; strada ventosissima o almeno così mi sembra a volte tanto che in certi momenti credo di pedalare solo per non essere spinto indietro!. Finito di lavare piatti e cuocere hamburger, con altri 15 minuti sono sotto il Ludgate House di Blackfriars Road, l'edificio che ospita la GFK NOP. Magari nel percorso sono costretto a saltare qualche semaforo rosso troppo insistente, ma in linea di massima mi attengo al codice della strada perché qua non scherzano neanche con i ciclisti e sono capaci di darti una multa [ticket] se ti beccano a pedalare sopra i marciapiedi.

Oltre a perdere per il mancato guadagno ci rimetterò 6 pounds circa di biglietti, così oggi almeno una decina di sterline sono già andate; è proprio il caso di dire: “piove! Governo ladro!”.

Non è che sia una manovra finanaziaria, me ne rendo conto, soprattutto per qualche mio amico in carriera ;) però dopo audaci analisi di mercato e spregiudicati calcoli ottimistici, sono arrivato a calcolare intorno ai 210 £ l'attuale prodotto interno lordo settimanale; a fronte di un fabbisogno minimo di 120 £ a settimana. Al netto di Oyster Card [27,80 £ - 7 giorni] e intrattenimenti. Le tasse invece sono già calcolate visto che le pagherò solo per il nuovo lavoro visto che in entrambi non raggiungo le 20 ore a settimanali, soglia sotto la quale non si pagano tributi. Anzi nell'ultima pay slip mi sono ritrovato anche 24 £ di rimborso! Nel frattempo è arrivata la prima busta paga del Windmill. Dopo appena 3 giorni sono gi in regola: 48 £ per 10 ore! Mi sa che stasera dovrò pagare da bere a tutti.

Quindi si preannuncia un'altra estate di viaggi e spese folli. Però bisogna dire che lavoro soltanto una trentina di ore a settimana così ho il tempo di buttare il resto del tempo a scrivere sul blog.

In realtà mi sto dando da fare per cercare qualcuno con cui fare language exchange: chiacchierate bilingue tra due persone che stanno studiando ognuno la lingua dell'altro. In pratica io dovrei paralre in inglese a qualcuno che dovrebbe rispondermi in italiano... Dicono che p meno complicato di come sembra. Speriamo bene perché in effetti sembra un'operazione complicatissima di equilibrismo. Io ci sto provando seriamente solo che è più difficile di quanto pensassi trovare qualcuno disponibile e credo che mio malgrado sarò costretto ad allargare il raggio della ricerca, non limitandomi alle studentesse americane iscritte ai master qui a londra.

Intanto Nancy è bloccata all'aeroporto di Napoli perché il personale di terra ha imbarcato senza controllare, passeggeri diretti a Gatwick anziché Stansted. Ed in più ci sono bagagli di un altro volo sul suo aereo. Ora sono tutti scesi e li hanno fatto rientrare al gate per fare un po' di ordine. Un po' come si fanno uscire i cavalli imbizzariti dai canapi della partenza al Palio di Siena.
Eppure a Napoli non piove...

a.

sabato 11 giugno 2011

Keep calm and carry on - Day CDXVI

416 giorni sono passati da quando sono decollato dall'aeroporto di Pisa, con la benedizione della nuvola islandese che all'ultimo ha deciso, senza che io avessi insistito, di lasciarmi passare. mi sembra una ricorrenza sufficientemente inutile per provare a riprendere il filo del quotidiano, visto che ormai di tempo ne ho a sufficienza e sto anche finendo le scuse buone per non studiare l'inglese.
oltremanica oggi si è vissuta una delle più tipiche giornate inglesi: così mentre la tradizione sfilava in alta uniforme a S. James Park per ricordare alla regina che dio le vuole bene e le ha regalato un'altro anno di cappellini e sunday roast, l'eccesso pedalava nudo a Marble Arch, per ammonire il mondo dall'uso indiscriminato di auto e petrolio. il tutto ovviamente sotto un cielo che ha regalato un susseguirsi continuo di stagioni, temperature e stati d'animo.
manco a dirlo mi sono perso entrambi gli avvenimenti, anche se ero in centro, un po' perché il mio parrucchiere di fiducia non c'era e quindi avevo dovuto ripiegare su quella che un tempo era la mia prima scelta, salvo poi cadere i disgrazia per evidente perdita di dedizione, che mi ha rovinato la mattinata a credo i prossimi 15 giorni togliendomi ogni slancio propositivo; ma soprattutto perché ero intenzionato a spendere il buono da NEXT che mi avevano regalato per il compleanno. quindi mi sono buttato nella ressa di Oxford Street uscendone dopo due ore con il buono ancora intatto ma con due paia di occhiali ed un cappellino, tutto Primark, costo totale dell'Operazione Consolazione 5£!
Forse sarei ancora riuscito a vedermi almeno il passaggio della RAF ma ero solo e mi rompo a girare troppo per la città senza qualcuno con cui parlare. Purtroppo Nancy è a Napoli fino a mercoledì e di solito è lei che mi accompagna a perdere tempo. così me ne sono tornato a casa con tante buone intenzioni di dedicarmi all'language improvement a cui non ho dato seguito perché alla fine ho deciso di ricominciare a scrivere, sennò finisco per scordarmi anche quel poco che mi succede.
la notizia più importante della settimana, almeno fino ad oggi, è il nuovo lavoro part-time come aiuto cuoco (e kitchen porter!) al The Windmill un pub della City gestito da un genovese ormai da quasi 20 anni a londra. Il nuovo prestigioso incarico è arrivato davvero per caso nel giro di 24 ore. lunedì ero a casa di nancy, pronta a partire per l'italia, e mentre sfogliavo gumtree, in preda al panico per il taglio progressivo delle ore al call center, ho visto l'annuncio a cui ho risposto con poche pretese perché, visti gli orari 12-15 e i giorni lun-ven, immaginavo la montagna di risposte che sarebbero arrivate. l'unico punto a mio vantaggio era l'esperienza di 6 mesi da Biagio@bankside come pasta/pizza chef che mi rendeva decisamente sopraqualificato per quel ruolo e quindi appetibile.
contro ogni previsione un'ora dopo salutata nancy mi è arrivata la chiamata di alberto, il titolare del pub, che mi chiedeva la disponibilità per un colloquio. in due ore avevamo parlato, il giorno dopo ero in prova e mercoledì ho iniziato a lavorare al fianco dello chef antonio, sardo trapiantato in uk, sposato con una filippina e papà di tre bambine. da allora quando arrivano le 15 mi tolgo grembiule e cappellino, salto in bici e corro come un disperato verso blackfriars bridge nel tentativo di perdere meno tempo possibile, dato che alle 15 comincia anche il turno al call center. il tutto è capitato tra l'altro nella settimana in cui ci hanno tolto altre 4 ore di interviste ed i soldi non mi sarebbero mai bastati per stare nelle spese. tanto che avevo già iniziato a limare i fondi per trasporti e birra!
alla fine, come mi ha detto una volta mia madre, qualcosa succede sempre. anche se serve tenermi a galla piuttosto che tirarmi fuori. ma non mi lamento.
sfortunatamente la novità mi ha costretto a lasciare il corso di inglese che seguivo da un paio di mesi presso la biblioteca del mio council [tower hamlets]. non è che fosse eccezionale ed era frequentato soprattutto da donne adulte provenienti da paesi dell'aria asiatica (bangladesh, sri lanka, ...) per cui non avevo stretto amicizia con nessuno. però mi costringeva a parlare un po' di inglese perciò penso che mi iscriverò a qualche scuola che utilizza il metodo callan così da forzarmi ancora all'interazione.
nel frattempo continuo a prendere in prestito dvd che più che vedere leggo, visto che passo il 90% del tempo a fissare i sottotitolo cercando di sincronizzarli all'incomprensibile mormorio gutturale dell'interprete di turno e finisco sempre a notte fonda perché devo fermarmi ogni due minuti a controllare il significato della parole che non conosco. per fortuna che la mattina non mi devo alzare presto. il problema è che mi sto rendendo conto che ogni parola che memorizzo ne dimentico altre due e col tempo inoltre, tendo a dimenticare anche quella memorizzata pur non avendone assimiliate altre. in pratica sono nel mezzo di una crisi emorragica di vocaboli...
stasera covent garden per incontrare un po' di gente nuova. qua c'è sempre il problema del "ricircolo" come dice lorenzo: bisogna continuamente provvedere a rimpiazzare quelli che lasciano londra, che però sono insostituibili, altrimenti non se ne andrebbero...
a.