Lentamente una percezione più chiara, un'idea sovraesposta, cominciò ad insinuarsi
in mezzo al nero dell'incoscienza. Una lama di giorno le taglio la
sottile fessura che dimenticava sempre aperta nell'occhio destro,
quello Mrs L si ostinava ancora a pensare fosse il sinistro. "Fuck
off" rantolò per il sonno che ormai stava sfuggendole via,
mentre con un sorriso impastato ripensava a tutte le volte che Lui
l'aveva ripresa per quel linguaggio sfacciato. Sapeva bene che non
sarebbe più riuscita a togliersi quel sussulto rock dalle cattive
abitudini ma non le dispiaceva affatto.
Poi la consapevolezza improvvisa di un sole troppo generoso per i ritmi che
aveva deciso di imporre a quella mattina di rincorse le scarico
addosso un panico da fuggitiva.
Lo scatto del
braccio trovò il telefono dove la sua ansia improvvisa sperava che
fosse. Il display invece non le venne in soccorso rifiutandosi di
accendersi. Morto.
"Shit!".
Ecco un'altra malerba che avrebbe faticato ad estirpare da quel
giardino incolto che era il suo vocabolario da strada. Ma questo
stavolta le usci secco, come la gola improvvisamente morsa dalla
paura. "Fucking mobile!".
Ormai non si
conteneva più, fidando in un condono tombale per tutte le ragazze
sboccate del pianeta. Sapeva che non si sarebbe dovuta fidare di
quella trappola, ma la sera prima era arrivata a casa troppo stonata
e quando aveva realizzato di doversi imporre un'alzata precoce stava
già fermentando nel letto e lei era troppo "lazy" per
alzarsi di nuovo a prendere il telefono "buono" dalla
borsa. Così aveva pescato nel cassetto del comodino l'altro, quello
improponibile, come il tipo cui apparteneva un tempo, e dopo aver
impostato la sveglia era scivolata nell'oblio dei giusti recitando
tutti gli scongiuri che era riuscita a ricordare.
Adesso era oltre
ogni più criminale ritardo e correva come una scippatrice verso il
cab fermo dall'altra parte della strada. In mano la carta di uno
snack al cocco e in bocca, ovviamente, una Pall Mall.
Il tassista
impiegò troppo tempo per arrivare a Stanstead, regalandole così il
set perfetto per una scenata Punk che sognava di interpretare da
quando aveva iniziato a drogarsi coi monologhi di Joe Strummer al
London Calling.
Davanti
all'aeroporto trovò il tempo per la terza sigaretta in due ore e per
rileggere quell'avanzo di Bounty che ancora sanguinava cioccolato al
latte. Era lo stesso che lei gli aveva appiccato sulla porta di casa,
scappando dall'ennesima collisione tra le loro orbite, dopo che Lui
aveva minacciato di sparire su di un aereo il giorno dopo.
Lo aveva
attaccato con una cicca dopo averci urlato sopra "Amami se hai
coraggio!". Si era poi persa tra i block dell'East End, lungo la
strada del ritorno, un po' per la sua frivola incapacità a
memorizzare le strade, molto di più per la sua dipendenza
dall'adrenalina del rischio. Dopo aver vagato per un paio di ore
birra alla mano si era ritrovata davanti casa a fissare quello stesso
pezzo di carta attaccato al suo campanello. Sotto alla sua
dichiarazione d'amore la calligrafia di Lui aveva lasciato un "13"
e la sua di provocazione: "Fermami se ce la fai".
Ovunque Lui
avesse deciso di rifugiarsi sarebbe partito sicuramente
dall'aeroporto in cui ora Mrs L si trovava in quel momento. Su
questo non aveva dubbi per una serie infinita di ragioni.
Il numero invece
non riusciva a tradurlo in informazioni comprensibili.
Quando infilò
l'entrata comunque l'una PM era già volata via da 15 minuti. Corse
fiduciosa al tabellone delle partenze ma il Gate 13 portava i
passeggeri a Sydney e lei sapeva che se c'era un posto dove Lui non
sarebbe mai andato era l'Australia. Allora contò 13 accessi di
Check-In e si mise a spiare tutti viaggiatori in fila rimanendo per
un attimo intrappolata da quelle espressioni piene di storie
trattenute a stento. Di Lui nessuna traccia. Doveva cercarlo altrove.
In un unico
piano sequenza scarrellò quindi 13 cabine telefoniche, 13 bancomat e
13 file di poltroncine in attesa di un decollo. Poi spese metà della
caparra appena riscossa per comprare un biglietto qualsiasi e potersi
infilare nella zona grigia dei Duty Free, ma Lui non era neanche lì.
Lui non era da
nessuna parte.
Forse aveva
sbagliato aeroporto o forse era arrivata in ritardo.
Magari Lui
l'aveva guardata tutto il tempo da una qualche posizione privilegiata
compiacendosi per ogni sua inversione.
Poteva davvero
essersi inventata tutto e quel gioco di sfide rappresentava
l'ennesima provocazione di una partita che non avrebbe mai vinto.
Sentiva il
bisogno di fumare ancora e uscì sbloccando una porta antincendio che
inizio a suonare furiosamente.
Tornò in
strada, infilò la mano nella borsa e tirò fuori il pacchetto blu
che custodiva l'ultima dose, quella capovolta dai desideri
inespressi.
Chiese da
accendere ad un pilota che la stava rincorrendo con gli occhi da
quando era scesa dal taxi. Accese inspirando lentamente, senza
lasciargli mai lo sguardo, turbare era la sua passione primitiva, non
poteva farne a meno neanche in situazioni come quella.
Si sedette a
terra ripensando a tutte le volte che Lui non aveva voluto dividersi
la stessa sigaretta sotto casa: "Stronzo egoista, meglio così!",
concluse provando a convincersi di una qualche inevitabile fortuna.
Poi la tasca del
giacchetto in jeans inizio a vibrare.
Lady Gaga la
informava che era in arrivo un messaggio. Anzi due, tre, quattro.
Ormai aveva
perso il conto dei txt. Afferrò il cellulare e schiaccio
automaticamente tre volte lo stesso tasto senza badare al mittente.
Non ne aveva bisogno. Quando il cellulare non smetteva di accatastare
messaggi in serie, era Lui che voleva raccontarle una storia.
Per un attimo
considerò l'idea cancellarlo senza guardare ed uscire per sempre da
quel gioco.
Ma non poteva
resistere alle lusinghe di quell'ennesima tentazione, alla voglia di
un nuovo racconto ed iniziò a leggere: "Improvvisamente una
lama di giorno le taglio la sottile fessura che dimenticava sempre
aperta all'occhio destro...".
NOTE
Questo non è
racconto londinese.
Questa è una
storia iniziata come spesso mi capitava l'anno scorso, sul cellulare,
ma poi finita in una mail perché lo spazio del mio vecchio Samsung
non mi permetteva di andare oltre i 429 caratteri.
Mrs L è il
modo in cui chiamavo Virginia, una persona importante della mia vita
a Londra. Non ricordo neanche più il perché di quel nome però era
quello che le urlavo da sotto casa quando passavo a trovarla di tanto
in tanto nella sua soffitta di Angel.
Vivevo ad Old Street meno di
due chilometri e in bici erano 5 minuti, forse 15 a piedi.
Virginia però
ha un carattere lunatico che solo se la conosci puoi capire fino in
fondo. Poteva capitare che dalla chiamata al mio arrivo cambiasse di
umore ed una volta lì si inventasse qualche motivo plausibile per
rimandarmi a casa. Le prime volte successe spesso.
Così per tenere
viva la sua curiosità iniziai a scriverle mentre andavo da lei. In
rima o in prosa, poesie minime e racconti brevi. Spesso percorrevo il
tragitto senza mai staccare gli occhi dal display, portando la
mountain bike a mano per lunghi tratti.
Poi una volta
arrivato sotto casa sua suonavo il campanello della bici ed urlavo
“Mrs L”.
Lo so che può
sembrare infantile e stucchevole ma non conoscete Virginia e quanto
possa essere lontana dall'idea di “romantico” nel senso banale
del termine.
Neanche si
affacciava, contavo venti e lei era al portone con una birra gelata
ed io seduto sul marciapiede con due sigarette in bocca.
È andata avanti
per qualche mese con lei, da luglio ad ottobre del 2010. Poi ci siamo
separati, in maniera teatrale come piace a noi. e come avevamo
vissuto insieme fino a quel momento.
Poi siamo
ignorati, odiati, provocati ed infine abbiamo ritrovato un
equilibrio, per quanto questa parola possa aver senso con una come
lei, di incontri periodici ed intensi.
Virginia venerdì
se ne torna in Italia, perché a volte è giusto anche ritornare.
Probabilmente non per sempre perché non ce la vedo ancora a metter
su famiglia in Abruzzo, però non ci vedremo per un po' e prima di
partire mi ha voluto rimandare questa storia e la sua mail di
risposta.
Mi rendo conto
che è scritta ancora male nonostante abbia cambiato qualcosa, ma non
volevo stravolgerla perché tutto nel testo è riferito a dettagli di
quei tre mesi: dal mio bounty, al suo girovagare notturno, dai Clash,
all'occhio semichiuso. Fino al suo inglese “rock”.
Mi rendo anche
conto che qualcuno non sarà interessato né al testo, né alla nota
finale, però volevo pubblicarlo qui perché nonostante glielo abbia
detto spesso, forse Virginia non ha mai capito quanto sia stata
importante per me a Londra e questo mi sembra il modo migliore per
farglielo capire.
Buon viaggio
Mrs L.
non ho parole....ogni attimo lo rivivo in pieno....quanto "fucking" e` bello vivere una vita colorata e accesa come la nostra!?? E al diavolo i moralisti. Noi si che VIVIAMO!!! Ti voglio bene Andrea.
RispondiEliminaE cosi sia.
Mrs L.
Vecchio mio, forse questo è il posto più bello che hai mai scritto qui. Complimenti davvero, mi hai fatto sognare per un'attimo, credevo di essermi perso in un racconto di hemingway.
RispondiEliminaBrava anche Mrs L, che per questa storia è stata la protagonista perfetta.
Sono sicuro che non mancherà solo a te, ma mancherà a molte persone, compreso il sottoscritto.
Un abbraccio a tutti e due
Berserk