mercoledì 21 marzo 2012

L'estate con Mrs L - Day DCC

Lentamente una percezione più chiara, un'idea sovraesposta, cominciò ad insinuarsi in mezzo al nero dell'incoscienza. Una lama di giorno le taglio la sottile fessura che dimenticava sempre aperta nell'occhio destro, quello Mrs L si ostinava ancora a pensare fosse il sinistro. "Fuck off" rantolò per il sonno che ormai stava sfuggendole via, mentre con un sorriso impastato ripensava a tutte le volte che Lui l'aveva ripresa per quel linguaggio sfacciato. Sapeva bene che non sarebbe più riuscita a togliersi quel sussulto rock dalle cattive abitudini ma non le dispiaceva affatto.
Poi la consapevolezza improvvisa di un sole troppo generoso per i ritmi che aveva deciso di imporre a quella mattina di rincorse le scarico addosso un panico da fuggitiva.
Lo scatto del braccio trovò il telefono dove la sua ansia improvvisa sperava che fosse. Il display invece non le venne in soccorso rifiutandosi di accendersi. Morto.
"Shit!". Ecco un'altra malerba che avrebbe faticato ad estirpare da quel giardino incolto che era il suo vocabolario da strada. Ma questo stavolta le usci secco, come la gola improvvisamente morsa dalla paura. "Fucking mobile!".
Ormai non si conteneva più, fidando in un condono tombale per tutte le ragazze sboccate del pianeta. Sapeva che non si sarebbe dovuta fidare di quella trappola, ma la sera prima era arrivata a casa troppo stonata e quando aveva realizzato di doversi imporre un'alzata precoce stava già fermentando nel letto e lei era troppo "lazy" per alzarsi di nuovo a prendere il telefono "buono" dalla borsa. Così aveva pescato nel cassetto del comodino l'altro, quello improponibile, come il tipo cui apparteneva un tempo, e dopo aver impostato la sveglia era scivolata nell'oblio dei giusti recitando tutti gli scongiuri che era riuscita a ricordare.
Adesso era oltre ogni più criminale ritardo e correva come una scippatrice verso il cab fermo dall'altra parte della strada. In mano la carta di uno snack al cocco e in bocca, ovviamente, una Pall Mall.
Il tassista impiegò troppo tempo per arrivare a Stanstead, regalandole così il set perfetto per una scenata Punk che sognava di interpretare da quando aveva iniziato a drogarsi coi monologhi di Joe Strummer al London Calling.

Davanti all'aeroporto trovò il tempo per la terza sigaretta in due ore e per rileggere quell'avanzo di Bounty che ancora sanguinava cioccolato al latte. Era lo stesso che lei gli aveva appiccato sulla porta di casa, scappando dall'ennesima collisione tra le loro orbite, dopo che Lui aveva minacciato di sparire su di un aereo il giorno dopo.
Lo aveva attaccato con una cicca dopo averci urlato sopra "Amami se hai coraggio!". Si era poi persa tra i block dell'East End, lungo la strada del ritorno, un po' per la sua frivola incapacità a memorizzare le strade, molto di più per la sua dipendenza dall'adrenalina del rischio. Dopo aver vagato per un paio di ore birra alla mano si era ritrovata davanti casa a fissare quello stesso pezzo di carta attaccato al suo campanello. Sotto alla sua dichiarazione d'amore la calligrafia di Lui aveva lasciato un "13" e la sua di provocazione: "Fermami se ce la fai".

Ovunque Lui avesse deciso di rifugiarsi sarebbe partito sicuramente dall'aeroporto in cui ora Mrs L si trovava in quel momento. Su questo non aveva dubbi per una serie infinita di ragioni. Il numero invece non riusciva a tradurlo in informazioni comprensibili.
Quando infilò l'entrata comunque l'una PM era già volata via da 15 minuti. Corse fiduciosa al tabellone delle partenze ma il Gate 13 portava i passeggeri a Sydney e lei sapeva che se c'era un posto dove Lui non sarebbe mai andato era l'Australia. Allora contò 13 accessi di Check-In e si mise a spiare tutti viaggiatori in fila rimanendo per un attimo intrappolata da quelle espressioni piene di storie trattenute a stento. Di Lui nessuna traccia. Doveva cercarlo altrove.
In un unico piano sequenza scarrellò quindi 13 cabine telefoniche, 13 bancomat e 13 file di poltroncine in attesa di un decollo. Poi spese metà della caparra appena riscossa per comprare un biglietto qualsiasi e potersi infilare nella zona grigia dei Duty Free, ma Lui non era neanche lì. Lui non era da nessuna parte.
Forse aveva sbagliato aeroporto o forse era arrivata in ritardo.
Magari Lui l'aveva guardata tutto il tempo da una qualche posizione privilegiata compiacendosi per ogni sua inversione.
Poteva davvero essersi inventata tutto e quel gioco di sfide rappresentava l'ennesima provocazione di una partita che non avrebbe mai vinto.
Sentiva il bisogno di fumare ancora e uscì sbloccando una porta antincendio che inizio a suonare furiosamente.
Tornò in strada, infilò la mano nella borsa e tirò fuori il pacchetto blu che custodiva l'ultima dose, quella capovolta dai desideri inespressi.
Chiese da accendere ad un pilota che la stava rincorrendo con gli occhi da quando era scesa dal taxi. Accese inspirando lentamente, senza lasciargli mai lo sguardo, turbare era la sua passione primitiva, non poteva farne a meno neanche in situazioni come quella.
Si sedette a terra ripensando a tutte le volte che Lui non aveva voluto dividersi la stessa sigaretta sotto casa: "Stronzo egoista, meglio così!", concluse provando a convincersi di una qualche inevitabile fortuna.
Poi la tasca del giacchetto in jeans inizio a vibrare.
Lady Gaga la informava che era in arrivo un messaggio. Anzi due, tre, quattro.
Ormai aveva perso il conto dei txt. Afferrò il cellulare e schiaccio automaticamente tre volte lo stesso tasto senza badare al mittente. Non ne aveva bisogno. Quando il cellulare non smetteva di accatastare messaggi in serie, era Lui che voleva raccontarle una storia.
Per un attimo considerò l'idea cancellarlo senza guardare ed uscire per sempre da quel gioco. Ma non poteva resistere alle lusinghe di quell'ennesima tentazione, alla voglia di un nuovo racconto ed iniziò a leggere: "Improvvisamente una lama di giorno le taglio la sottile fessura che dimenticava sempre aperta all'occhio destro...".

NOTE
Questo non è racconto londinese.
Questa è una storia iniziata come spesso mi capitava l'anno scorso, sul cellulare, ma poi finita in una mail perché lo spazio del mio vecchio Samsung non mi permetteva di andare oltre i 429 caratteri.
Mrs L è il modo in cui chiamavo Virginia, una persona importante della mia vita a Londra. Non ricordo neanche più il perché di quel nome però era quello che le urlavo da sotto casa quando passavo a trovarla di tanto in tanto nella sua soffitta di Angel.
Vivevo ad Old Street meno di due chilometri e in bici erano 5 minuti, forse 15 a piedi.
Virginia però ha un carattere lunatico che solo se la conosci puoi capire fino in fondo. Poteva capitare che dalla chiamata al mio arrivo cambiasse di umore ed una volta lì si inventasse qualche motivo plausibile per rimandarmi a casa. Le prime volte successe spesso.
Così per tenere viva la sua curiosità iniziai a scriverle mentre andavo da lei. In rima o in prosa, poesie minime e racconti brevi. Spesso percorrevo il tragitto senza mai staccare gli occhi dal display, portando la mountain bike a mano per lunghi tratti.
Poi una volta arrivato sotto casa sua suonavo il campanello della bici ed urlavo “Mrs L”. Lo so che può sembrare infantile e stucchevole ma non conoscete Virginia e quanto possa essere lontana dall'idea di “romantico” nel senso banale del termine.
Neanche si affacciava, contavo venti e lei era al portone con una birra gelata ed io seduto sul marciapiede con due sigarette in bocca.
È andata avanti per qualche mese con lei, da luglio ad ottobre del 2010. Poi ci siamo separati, in maniera teatrale come piace a noi. e come avevamo vissuto insieme fino a quel momento.
Poi siamo ignorati, odiati, provocati ed infine abbiamo ritrovato un equilibrio, per quanto questa parola possa aver senso con una come lei, di incontri periodici ed intensi.

Virginia venerdì se ne torna in Italia, perché a volte è giusto anche ritornare. Probabilmente non per sempre perché non ce la vedo ancora a metter su famiglia in Abruzzo, però non ci vedremo per un po' e prima di partire mi ha voluto rimandare questa storia e la sua mail di risposta.
Mi rendo conto che è scritta ancora male nonostante abbia cambiato qualcosa, ma non volevo stravolgerla perché tutto nel testo è riferito a dettagli di quei tre mesi: dal mio bounty, al suo girovagare notturno, dai Clash, all'occhio semichiuso. Fino al suo inglese “rock”.
Mi rendo anche conto che qualcuno non sarà interessato né al testo, né alla nota finale, però volevo pubblicarlo qui perché nonostante glielo abbia detto spesso, forse Virginia non ha mai capito quanto sia stata importante per me a Londra e questo mi sembra il modo migliore per farglielo capire.
Buon viaggio Mrs L.

2 commenti:

  1. non ho parole....ogni attimo lo rivivo in pieno....quanto "fucking" e` bello vivere una vita colorata e accesa come la nostra!?? E al diavolo i moralisti. Noi si che VIVIAMO!!! Ti voglio bene Andrea.
    E cosi sia.
    Mrs L.

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  2. Vecchio mio, forse questo è il posto più bello che hai mai scritto qui. Complimenti davvero, mi hai fatto sognare per un'attimo, credevo di essermi perso in un racconto di hemingway.

    Brava anche Mrs L, che per questa storia è stata la protagonista perfetta.

    Sono sicuro che non mancherà solo a te, ma mancherà a molte persone, compreso il sottoscritto.


    Un abbraccio a tutti e due

    Berserk

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