giovedì 1 marzo 2012

Non chiedetemi perché - Day DCLXXX

La prima volta che ho aperto gli occhi stamattina erano le 04:06, ho sentito uno dei miei coinquilini, il postino inglese di 80 anni (ma quando vanno in pensione i postini in questo paese?) Che andava in bagno, si raschiava la gola come al solito un paio di volte nel water e poi usciva a consegnar la corrispondenza per la Royal Mail.
È un postino con la bici lui, non ha un'olandese nera coi freni a bacchetta com'è tradizione, la sua è una mtb usata ed anche malmessa, però si muove tra i block dell'East End pedalando ed a me piace tantissimo questa idea perché mi ricorda Pippo, il suo collega di quando ero un bambino ad Oriolo Romano, il paese da cui provengo, che mi aveva fatto venir voglia di essere come lui [e se avessi dato retta a quella prima intuizione forse adesso sarei un partito migliore con cui avere figli].

Ad ogni modo era impossibile non restarne affascinati: era alto e magro e coi baffetti sottili, la divisa cenere ed il cappellino inamidato. Elegantissimo. Il modello di postino per le immagini dei mestieri nel sussidiario delle elementari. Lui si che aveva l'olandese nera coi freni a bacchetta ed anche la borsa di pelle legata davanti al manubrio. Pure il campanello d'argento c'aveva (va bene lo so che non era d'argento 'che mica vivevo nel far west) e lo usava sempre per avvertirti del suo arrivo.
Io ero molto piccolo allora e quando sentivo quel suono uscivo a salutarlo, perché mi piaceva tanto. sul serio, volevo prendere il suo posto. Anzi io volevo proprio essere lui. Anche se in realtà non avrei mai desiderato che Pippo andasse in pensione perché era davvero il postino perfetto. Mia madre apriva il cancello ed io gli andavo incontro. Lui non parlava mai, però sorrideva sempre e qualche volta faceva anche il verso di sollevarsi il cappello stringendo la visiera tra l'indice ed il pollice, poi però non lo toglieva mai perché è così che si fa quel gesto. Come si vede nei film.
Ha consegnato lettere e pacchi nel mio paese per anni ed anche se qualche volta la bici non ce l'aveva perché magari aveva bucato andando per le case della campagna oppure era stanco di pedalare, restava comunque bellissimo e commovente.

Poi un giorno Pippo, di cui non ho mai saputo il vero nome, perché nei posti come quello in cui sono nato io i nomi delle persone alla fine te li scordi e rimane solo quello che gli hanno scelto gli amici una sera d'estate dopo che uno è caduto in un cespuglio o quello che aveva suo padre prima di lui; un giorno dicevo, Pippo è andato in pensione ma io ho continuato a vederlo per anni al bar stanno tutti quelli che nel mio paese vanno in pensione.
Giocava a scopa col il fernet da un lato e la sigaretta tra le dita della mano con cui teneva le carte ed anche se gli altri urlavano e bestemmiavano lui restava in silenzio e non perdeva mai la calma e continuava a sorridere come quando ci portava la posta. Anche se al tavolo delle carte napoletane vestiva la camicia con le maniche arrotolate, io ho continuato a salutarlo come se indossasse ancora la divisa color cenere e lui rispondeva come se si ricordasse di me. Io lo sapevo che lui non immaginava chi fossi. Chissà quanti altri bambini che volevano diventare come lui c'erano al mio paese che uscivano per vederlo ogni volta che arrivava. Però ero contento lo stesso. Pure se la prima volta che l'ho visto ai bar ho scoperto che aveva pochissimi capelli e forse il berretto non lo toglieva mai del tutto anche per quel motivo.
Era sempre Pippo.
Al suo posto arrivò un altro postino con la vespa bianca ed un casco rosso aperto, senza visiera, che teneva la corrispondenza tra le gambe in una sacca di tela sintetica blu e gialla fluorescente.
Questo postino con la vespa non me lo ricordo come si chiamava. E neanche il soprannome mi ricordo. O forse sì ma non mi va di scriverlo perché lui non lo avrebbero mai messo sulle pagine dei mestieri nel sussidiario. quando si avvicinava faceva un rumore terribile di marmitta vecchia e ammortizzatori scarichi.
Poco prima di arrivare al nostro cancello spegneva il motore e percorreva un largo mezzo giro nello spiazzale davanti casa per mettersi in traiettoria, quando l'inerzia del motore finiva allargava le gambe e cominciava a spingere la vespa come se stesse remando con i piedi ed intanto suonava quel terribile campanello elettrico delle vespe.

Non c'era niente di elegante in questo postino.
Vestiva dei pantaloni dello stesso colore della sacca di tela sintetica, enormi e tutti spiegazzati ed una camicia a righine sottili aperta sul davanti che lasciava intravedere i peli. Quando faceva freddo aveva anche una giacca a vento. Pure quella blu e fluorescente. Arrivava alla cassetta col fiato grosso e tutto sudato, anche se era inverno perché ogni volta calcolava male la distanza e doveva remare per arrivare fino in fondo. Neanche scendeva dalla vespa per consegnare la posta. Si aggiustava il casco rosso spingendolo col palmo aperto sulla fronte ed allungava le buste attraverso la ringhiera [che in inglese si dice railing].
Io intanto ero cresciuto ed anche se mia madre insisteva io non andavo più a prendere la posta perché dicevo che ero troppo grande ormai e che doveva andarci lei che a me non interessava più. Però se ci fosse stato ancora Pippo io ci sarei andato ancora di corsa.

Un giorno poi Pippo non l'ho più visto neanche al bar dei pensionati e mia madre mi disse che era malato e non usciva molto.
Io sarei voluto andare a trovarlo, volevo che si ricordasse di me e che lui mi regalasse il cappello o la borsa, ma quelle le aveva ridate alla posta e poi mi sembrava troppo una scena da film. Così non ricordo l'ultima volta che l'ho visto sorridere mentre giocava a scopa.
Mi è successo sempre così anche in seguito. Non ho mai saputo prima quando era l'ultima volta di una cosa. L'ultima volta che indossavo quel maglione, che andavo in un posto, che baciavo la mia ragazza. Ed è stato meglio così altrimenti col mio carattere drammatico sarei impazzito di tristezza mentre lo facevo.
Alla fine Pippo il postino è morto ma io vivevo già lontano da Oriolo ed anche se mi è molto dispiaciuto non sono andato al funerale.
A dire il vero non volevo più neanche fare il postino da un sacco di tempo.
Però quando capita che torno in paese e vado al cimitero con mamma per portare i fiori a mio padre ogni tanto ci passo dove sta la tomba di Pippo e nella foto sembra ancora vivo.
In silenzio, sorride.

a.

1 commento:

  1. Anche io, da bambino, volevo fare il postino; nonostante le proteste e lo scherno dei miei nonni, lo ritenevo un mestiere dignitoso e importantissimo. Subii lo stesso trauma nel passaggio dalla Vespa alla Fiat Panda.
    Dannato progresso tecnologico!

    Tiziano

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